Perseguitati, torturati, uccisi. In Turchia, Iran, Iraq, Siria. E prima ancora in Afghanistan, Armenia, Azerbaigian.
Come tutti i popoli senza una patria definita da confini politici riconosciuti, i curdi scontano da tempo immemorabile persecuzioni di ogni tipo. L’ultima in ordine di tempo è l’offensiva turca nel nord della Siria, avviata dal premier Erdogan per ostacolare la creazione di una regione autonoma curda nel Rojava, cioè l’area siriana che confina con il sud della Turchia.

Hanno sconfitto l'Isis anche per noi

I curdi sono un popolo orgoglioso e coraggioso, ed è grazie a loro se l’Occidente è riuscito a sconfiggere l’Isis, che proprio in Sira aveva istaurato il suo califfato del terrore. Senza il sacrificio di migliaia di miliziani, uomini e donne, che sono morti combattendo, le nostre città sarebbero oggi meno sicure e gli attentati, come quelli di Parigi e di Londra, non si sarebbero fermati.
In cambio, lo stesso Occidente che li aveva esaltati e “utilizzati”, li ha oggi abbandonati. Traditi. Non è una novità, purtroppo. Il primo grande inganno si consumò cent’anni fa, a Losanna, quando le grandi potenze si rimangiarono la promessa fatta al termine della Prima guerra mondiale per la creazione a uno Stato curdo indipendente.

Ancora una volta traditi

«Non abbiamo amici, solo montagne», dicono spesso. E se ne sono accorti anche questa volta di essere soli, dopo che Trump ha annunciato il ritiro delle truppe statunitensi stanziate nell’area dei bombardamenti turchi, lasciando campo libero a Erdogan, che non pare per nulla impensierito dalla minaccia di sanzioni economiche che ora vengono dall’Europa e dagli Usa. L’Italia ha bloccato la vendita di armi alla Turchia, ma solo per i nuovi contratti, mentre dovranno essere smaltite le vecchie commesse degli ultimi quattro anni per quasi mezzo miliardo di euro.
Intanto i curdi sono costretti nuovamente a fuggire. Ondate di profughi stanno abbandonando le zone di guerra e parte di loro presto arriverà anche in Italia.

Il Kurdistan calabrese

In questo scenario apocalittico la Calabria dovrebbe essere in grado di esprimere una sensibilità diversa, visto che è la regione italiana dove forse maggiore è la presenza di comunità curde, giunte qui circa 20 anni fa per sfuggire alle persecuzioni di Saddam in Iraq. In particolare, Badolato, in provincia di Catanzaro, considerata il Kurdistan calabrese, e Riace, in provincia di Reggio. Due borghi che prima del loro arrivo erano condannati allo spopolamento definitivo e che invece hanno conosciuto una vera e propria rinascita.

L'indifferenza della politica

Eppure in Calabria non si è alzata neppure una voce per esprimere solidarietà ai curdi e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla loro sorte.
La politica calabrese è troppo occupata a guardarsi l’ombelico per interessarsi a ciò che accade nel mondo, anche se quel mondo è dentro casa. A dominare il dibattito sono esclusivamente le solite diatribe sull’ostinata auto candidatura di Oliverio, sul veto della Lega alla corsa di Occhiuto, sulla possibile intesa tra Pd e M5s. Tutto il resto, per i big della politica calabrese, semplicemente non esiste.

Silenzio colpevole

A parte sparute iniziative di solidarietà, come quella organizzata a Riace dall’ex sindaco Mimmo Lucano e al sit-in di protesta che si terrà domani a Reggio (ore 16, Piazza Italia), promosso da una rete di associazioni e movimenti civici, da queste parti domina un silenzio colpevole.
L’unico momento in cui i curdi entrano nelle cronache della regione è quando la loro etnia fa capolino dai resoconti degli sbarchi di profughi sulle coste ioniche, lo stesso litorale sul quale approdano da vent’anni senza che la Calabria si sia davvero accorta di loro.


degirolamo@lactv.it