L’inchiesta “Quinta Bolgia” ha sollevato il coperchio di una pentola in ebollizione da troppo tempo e di cui non se ne conoscono ancora gli effetti futuri. Consapevoli che il servizio sanitario Calabrese è inquinato, profondamente, nelle viscere, dal virus della corruzione, come CGIL, categoria FP e confederazione, nei mesi scorsi avevamo già chiesto alle prefetture di inviare commissioni di accesso in ogni singola azienda sanitaria calabrese. E a parte il prezzo, lo spreco, calcolato nell’ordine da centinaia di milioni di euro l’anno e pagato di fatto dai contribuenti, ci sono i servizi scadenti, i malati in lista d’attesa abbandonati nelle barelle, le attese di mesi per un intervento, gli ospedali in corto circuito.

La Sanità in Calabria è diventata il terreno di scorribande da parte di delinquenti di ogni risma. Il motivo è chiaro, visto che si tratta di una torta annuale di oltre 3 miliardi di euro da spartirsi, tra appalti, forniture e prestazioni sanitarie.

Spezzare questa catena non è un’operazione che può farsi in poco tempo ma servono, oggi più che mai, segnali chiari e forti con meccanismi più semplici e più trasparenti nella palude degli appalti, delle forniture, delle assunzioni e nelle organizzazioni del lavoro all’interno delle Aziende, praticamente dove c’è il cuore del malaffare e della corruzione.
Che fare? Innanzitutto la pubblica amministrazione, in particolare la sanità ha bisogno di dotarsi di dirigenti professionalmente capaci e qualificati, in grado di assumere e gestire decisioni a tutela della sanità e della cosa pubblica, creare delle centrali di acquisto su base regionale, che accorpino più Asl e più ospedali, bandire concorsi su base regionale per soddisfare il fabbisogno di personale, elaborare linee guida sulla organizzazione del lavoro che non diano la possibilità di essere equivocate, applicare le norme sulla rotazione degli incarichi ai dirigenti e, sopratutto, istituire dei meccanismi di controllo a che le misure adottate vengano rispettate in ogni azienda.

Una vicenda, quella appena venuta a galla, che rientra all'interno di quello spazio opaco tra legale e illegale e che sconvolge e affonda il bisturi nella piaga del male più devastante per la Calabria: la commistione tra uomini della politica delle istituzioni della imprenditoria e della ndrangheta.

Il dato che emerge, dai rapporti accertati tra esponenti della ‘ndrangheta e dell’apparato pubblico in Calabria, è che “l’appoggio fornito dai primi a ‘uomini delle istituzioni’ è comunque finalizzato a chiedere, in futuro, il conto di tale appoggio.
Un intreccio politica- affari-mafia che pervade una pubblica amministrazione spesso piegata agli interessi privati e personali, come si può evincere dalle operazioni portati avanti dall’azione della Magistratura e delle forze dell’Ordine a cui va il nostro sentito apprezzamento e sostegno per l’encomiabile lavoro volto a bonificare gestioni opache .

In merito a tutto ciò la discussione sulla sanità che in calabria si concentra su chi deve fare il Commissario sinceramente ci provoca indignazione e tanta rabbia. E’ pazzesco che il debito della sanità, frutto del malaffare, degli intrecci politico-mafiosi, del malcostume, delle ruberie varie debba ricadere sulla testa dei cittadini.

Noi continuiamo a dire che sulla salute dei nostri concittadini non si scherza più e che forse è giunto il momento che siano proprio tutti i calabresi ad insorgere contro queste porcherie messe in campo da politiche e pratiche che offendono la dignità ed il diritto di cittadinanza di noi tutti.

Promuoveremo in tale direzione ogni azione e iniziativa utile a sostegno della Legalità e per l’affermazione dei Lea.