Il mercato ittico era stato costruito dopo una sentenza che incolpava le istituzioni di non aver mai regolamentato il commercio del pesce, all'epoca pienamente gestito dal clan
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Da oltre due anni, ormai, il boss 78enne Franco Muto è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Opera a seguito dell'arresto nell'operazione Frontiera, ma sul Tirreno cosentino la sua presenza, tuttora, è ancora fortissima. E la paura di una ritorsione per uno "sgarro" nei suoi confronti, ancora di più.
Lo dimostra l'ultimo episodio che arriva direttamente da Cetraro, da dove l'ex imbianchino e fruttivendolo cosentino ha esercitato la sua egemonia mafiosa per quasi 40 anni, anche nel mercato ittico, guadagnandosi l'appellativo di "Re del pesce". Lo stabile adiacente al porto, che era stato costruito per regolare il commercio ittico, nessuno vuole gestirlo, nonostante gli sforzi dell'amministrazione comunale.
I bandi per l'affidamento andati deserti
Le istituzioni locali erano riuscite in parte a stroncare la supremazia dei Muto ancora prima dell'inchiesta antimafia condotta dalla magistratura di Catanzaro. Il primo bando, infatti, risale al 2015, quando il Comune decide di affidare il mercato ittico di vendita all'ingrosso a persone che non abbiano niente a che fare con il clan. Ma il primo tentativo fallisce, perché nessuno presenta domanda.
Poi è la volta di una cooperativa di pescatori. Si costituiscono appositamente per gestire il piccolo esercizio commerciale, ma un'interdittiva antimafia spezza le speranze. Secondo quanto riporta il documento, nel consorzio ci sarebbero alcuni soggetti che presenterebbero elementi di continuità con la cosca. Niente da fare.
Il sindaco Angelo Aita però non si arrende e ci riprova. Nel 2018 indice un altro bando, il prezzo scende, qualcuno si fa avanti, chiede informazioni, dice di essere interessato, ma ad oggi, 27 settembre 2018, termine ultimo fissato per la presentazione delle domande, non è pervenuta nessuna manifestazione di interesse.
Nessuno, forse, vuole pestare i piedi al boss e prendere il posto che una volta era suo grazie all'instancabile lavoro dei suoi scagnozzi.