Il 43enne Onofrio Barbieri potrebbe raccontare oltre vent’anni di attività criminali, alleanze e fatti di sangue
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Nel Vibonese c'è un nuovo collaboratore di giustizia, uno di quelli che potrebbe mettere nei guai l’intera struttura mafiosa di Sant’Onofrio, ma anche svelare le alleanze con i clan di Filadelfia, Pizzo e Vibo Valentia.
Si chiama Onofrio Barbieri, 43 anni, di Sant’Onofrio, ma residente nella frazione Vena Superiore, in contrada Vaccaro, dal 3 maggio scorso sta scontando in via definitiva 30 anni di reclusione per l’omicidio di Domenico Di Leo, alias “Micu Catalanu”, ucciso a Sant’Onofrio in via Tre Croci il 12 luglio 2004, ed anche per l’omicidio di Raffaele Cracolici, alias “Lele Palermo”, ucciso il 4 maggio 2004 a colpi di arma da fuoco a Pizzo Calabro. La condanna definitiva l’avrebbe indotto a “saltare il fosso” ed a collaborare con la Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri.
Onofrio Barbieri, alias “38”, figura fra gli imputati del maxiprocesso Rinascita Scott con l’accusa di associazione mafiosa ed altri reati-fine, dalle armi alle estorsioni ai danneggiamenti. Ritenuto un “fedelissimo” di Domenico Bonavota di Sant’Onofrio, del suo ruolo di sicario ed azionista del clan aveva parlato il collaboratore di giustizia Andrea Mantella ma anche Francesco Michienzi di Acconia di Curinga sin dai tempi dell’operazione “Uova del drago”. La decisione di collaborare con la giustizia potrebbe avere effetti dirompenti nella ‘ndrangheta di Sant’Onofrio e dintorni per arrivare a svelare anche le alleanze dei Bonavota con altre consorterie del Lametino, del Reggino e del Crotonese, oltre a gettare un fascio di luce su diversi fatti di sangue rimasti impuniti nel Vibonese.