Gli imprenditori avrebbero piazzato un registratore ambientale per monitorare il malcontento negli uffici. Ma la Guardia di finanza ascoltava tutto. L’inchiesta Ergon documenta diritti violati e sfoghi: «Non sono andata da mio padre morente perché dovevo venire a lavorare»
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Un registratore ambientale dotato di una scheda telefonica con risponditore automatico. Questo apparecchio era stato piazzato da Paolo Paoletti, imprenditore nel settore dei supermercati tratto in arresto martedì con l’accusa di avere sfruttato i propri dipendenti, e dalla moglie e collaboratrice Anna Valentino, per la quale il gip di Catanzaro ha disposto i domiciliari, per intercettare illegalmente due dipendenti amministrative. A Paoletti sarebbe, infatti, giunta la notizia che le due donne avevano espresso malcontento.
La situazione, in questo frangente, è paradossale perché, mentre le due venivano controllate, la Guardia di finanza di Catanzaro, in seguito alla denuncia di altri due dipendenti, stava monitorando, a sua volta, la condizione dei lavoratori dipendenti della Food and More srl e della Paoletti spa.
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«Ho visto mio padre morire ma dovevo lavorare»
Così lo sfogo delle due lavoratrici passa anche attraverso i radar delle fiamme gialle. Un’intercettazione nell’intercettazione dalla quale sarebbero emersi «elementi che evidenziano ancora una volta le condotte di sfruttamento», scrive la Procura di Catanzaro nella richiesta di misure cautelari.
«Ho visto morire mio padre... quando era ricoverato e nemmeno sono andata perché dovevo venire a lavorare», confida una donna all’altra.
«Il giorno che è morto – prosegue – sono dovuta venire qua otto ore...quando è morto mi hanno tolto pure (…) del pomeriggio che dovevo lavorare». Nei faldoni dell’inchiesta la Procura sottolinea come il Contratto collettivo nazionale di lavoro preveda che «il lavoratore abbia diritto a tre giorni di permesso l’anno nell’ipotesi di grave infermità o decesso di un parente entro il secondo grado».
«Ripristinato il giocattolo per sentire i commenti»
Della scheda telefonica per ascoltare le conversazioni si interessa Anna Valentino. Gli investigatori appurano che la moglie di Paoletti avesse chiesto informazioni sulla possibilità di intestare la scheda a se stessa. Lo stesso giorno in cui viene acquistata, Valentino testa la scheda con suo marito «il quale aveva provveduto ad occultare il dispositivo, accertandosi che la qualità audio fosse buona». D’altro canto Paoletti non nasconde al proprio commercialista di aver ricominciato ad intercettare i propri dipendenti nel luogo di lavoro per ascoltare i loro commenti. «Per sentire i commenti... purtroppo ho dovuto ripristinare quel giocattolo là», gli dice. Paoletti lamenta il fatto che le due dipendenti hanno trascurato l’attività lavorativa per parlare di questioni personali.
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«È bugiarda! Chiudi l'argomento!»
Ad aprile 2024, per due giorni «venivano intercettate (dalla finanza, ndr) una serie di conversazioni, effettuate da Paolo Paoletti e da sua moglie, nel corso delle quali i due, grazie alla "cimice”, ascoltavano le conversazioni intercorse tra i dipendenti presenti negli uffici, a loro totale insaputa, carpendo diversi dialoghi anche privati». Tra questi c’è il dialogo della donna che parla della morte del padre e commenta dicendo «questa cosa qua è una cosa che a me mi ha segnato». Ma Valentino non è d’accordo. «È bugiarda! Chiudi l'argomento! Perché lei lo sa chi è la colpevole», riferisce al marito.
Il difetto delle ferie
Quello che scontenta il datore di lavoro, che non ne fa mistero con il commercialista è che le due donne si comportino così «affermando che con loro si era sempre comportato bene, pagando loro sempre puntualmente lo stipendio e negando loro solo la fruizione di tutte le ferie spettanti». Le esatte parole sono: «Ma io da vent'anni che ti sto dando da mangiare ... con una busta paga d'eccellenza, puntuale, quarto livello, mille e cinquecento euro ... l'unico difetto, tra virgolette, sono quelle due settimane ... l'unico ...)».
Eppure su quell’unico difetto il commercialista lo mette in guardia perché «se tutti i dipendenti si fossero messi d’accordo, avrebbero potuto denunciarlo e sarebbe stato costretto ad elargire un risarcimento milionario che lo avrebbe depauperato di tutto il capitale finanziario che era riuscito ad accumulare nel corso del tempo».