Martina Guzzi, 24 anni, è morta a Catanzaro in un incidente causato dal «malfunzionamento del sistema di detonazione dell’airbag». Il dispositivo, «a seguito dell’urto, proiettava ad alta energia cinetica un corpo metallico con modalità di urto e lesività assimilabili a ferita d’arma da fuoco». Guzzi studiava Lettere ed era vicina alla laurea. Il virgolettato è tratto dalla perizia consegnata alla procura di Catanzaro da Isabella Aquila, direttrice della Scuola di specializzazione di Medicina legale e l’ingegner Roberto Arcadia, dell’Ufficio della Motorizzazione civile a redigere la relazione preliminare che accusa l’airbag. A indagare è il sostituto procuratore Saverio Sapia.

Martina è morta il 28 maggio in uno scontro frontale mentre guidava una Citroën C3 (del suo ragazzo). Lui aveva ricevuto una lettera di richiamo per quell’airbag e aveva scritto alla casa automobilistica pochi giorni prima dell’incidente. Dicendosi disponibile a cambiarlo. «Ma da loro nessuna risposta», spiega al Corriere della Sera Andrea Rubini, che con la sua Gesigroup tutela i diritti della famiglia di Martina.

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Se l’esito della relazione venisse confermato, Martina Guzzi sarebbe la prima in Italia a morire per gli errori della Takata. Takata è la casa costruttrice giapponese (fallita) che avrebbe rifornito in tutto il mondo le auto di airbag difettati.

A 15 anni dai primi incidenti, dopo campagne di richiamo che hanno allarmato milioni di automobilisti, dopo più di 400 feriti e 27 morti solo negli Stati Uniti, il caso di Martina apre il fronte dei decessi anche in Italia dove, secondo fonti non confermate ufficialmente, si conterebbero finora anche una quindicina di feriti. La Nhtsa, l’ente americano per la sicurezza dei trasporti, riporta finora 45 milioni di airbag sostituiti solo negli Usa, mentre a Tokyo stimano che nel mondo le auto coinvolte possano essere 100 milioni. Tra i marchi Honda, Volkswagen, Audi, Stellantis, Citroën , Skoda, Bmw, Ds, Toyota.

La Takata costruiva airbag a prezzi competitivi, in moltissimi l’hanno scelta e allo scoppiare dello scandalo tutti hanno avviato campagne di ritiro. Lo fece anche la Citroën per 600 mila delle sue C3 e DS3, prodotte tra il 2009 e il 2019. Martina Guzzi, quel giorno, guidava proprio una C3.