Assoluzione in Appello per Luigi Mazzei perchè il fatto non sussiste. In primo grado era stato condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale a due anni di reclusione
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La Seconda sezione della Corte d’Appello di Catanzaro ha assolto con formula piena perché il fatto non sussiste l’imprenditore calabrese Luigi Mazzei, che era stato condannato in primo grado per bancarotta fraudolenta patrimoniale a due anni di reclusione, con la sospensione della pena, la disposizione di non menzione sul certificato del casellario giudiziario, l’assoluzione per altri due capi di accusa per bancarotta fraudolenta e la prescrizione di tutti gli altri reati.
Una vicenda giudiziaria da record
Si chiude così dopo 9 anni e otto mesi una vicenda giudiziaria, che per durata ha superato di gran lunga la media, ritenuta dal Consiglio d’Europa già di per sé eccessiva dei processi penali nel nostro paese, calcolata nel 2018 per i tre gradi di giudizio pari a più di 6 anni nei tre distretti giudiziari maglia nera d’Italia, Roma, Reggio Calabria e Napoli. Una vicenda cominciata il 30 giugno 2011 con l’arresto di Mazzei, evento che ebbe allora un forte impatto mediatico con successive pesantissime ricadute sulla sua vita privata e sulla sua attività lavorativa.
L’imprenditore, sottoposto a misura cautelare e al sequestro preventivo di tutti i beni, venne accusato oltre che di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, di false fatturazioni, di truffa ai danni dello stato, di falso ideologico, di evasione fiscale, di esportazione di capitali all’estero. Insieme a lui nell’inchiesta, avviata dalla Procura di Lamezia Terme a seguito di una serie di controlli sulle sue società effettuati dalla Guardia di Finanza per verifiche sull’uso corretto di finanziamenti pubblici, erano state coinvolte a vario titolo altre 9 persone.
Il processo di primo grado
Il 13 settembre 2017, a sei anni dall’ordinanza di custodia cautelare, a conclusione del primo grado di giudizio Mazzei fu riconosciuto colpevole con sentenza del Tribunale collegiale di Lamezia (Sezione penale unica) in qualità di amministratore della Cofain, azienda che si occupava della produzione di serramenti, pannelli fotovoltaici ed edilizia, di un solo e unico reato, il reato di bancarotta fraudolenta per aver distratto dalla sua società, quando ormai era già in dissesto, fondi per 69.029 euro destinandoli alla Forest, una delle sue partecipate per consentirle l’accesso a fondi pubblici e realizzare un centro servizi, ma aggravando in questo modo lo stato di insolvenza dell’azienda a danno dei creditori.
Il giudice, sottolineando che l’erogazione era avvenuta a novembre del 2008 e che la Cofain era stata messa in liquidazione nel luglio del 2009, con dichiarazione fallimentare da parte del tribunale nel 2010, aveva respinto come generica e non provata la restituzione del denaro da parte della Forest alla Cofain attraverso attività di prestazione di servizi amministrativi, come sostenuto durante il procedimento dal consulente dell’imputato e dall’imputato stesso.
L’appello
Il 23 gennaio 2018 i legali dell’imprenditore, gli avvocati Francesco Gambardella e Paolo Carnuccio, hanno proposto appello sostenendo l’ingiustizia della sentenza di condanna e la non attenta valutazione di molti elementi. E sulla base di una ampia e dettagliata documentazione hanno dimostrato che da parte di Mazzei non c’era stata alcuna volontà di distrarre e dissipare sostanze economiche alla Cofain. E che il finanziamento erogato dal loro assistito attraverso la Cofain alla Forest non era un mero espediente per sottrare risorse ai creditori, ma comprendendo somme risalenti anche al 2006 e 2007, a quando cioè la società madre era in una situazione favorevole al rilancio, rappresentava una scelta di incremento del business a vantaggio della redditività e del patrimonio aziendale.
Mazzei: «Vicenda dolorosa»
«Sono stato protagonista di una vicenda dolorosa, che, se da un punto di vista giudiziario si è conclusa in una bolla di sapone, ha avuto, per quanto mi riguarda personalmente, sia da un punto di vista umano che economico costi elevatissimi» - ha detto Luigi Mazzei, ricordando che la sua odissea è cominciata con l’arrivo nel gennaio del 2007 alla Cofain della Guardia di Finanza per una serie di accertamenti dovuti forse al fatto che «ero – ha spiegato- un fruitore di finanziamenti agevolati, probabilmente uno dei pochi che ne era riuscito a fare corretto utilizzo. È proprio su questo, a mio avviso, che ci fu nei miei confronti del fumus. Così il mio nome e la mia credibilità vennero offuscati e le mie aziende, che avevano creato posti di lavoro e indotto, generando un importante gettito fiscale nei confronti dello stato che in questo modo si era ripreso i fondi che aveva loro elargito, andarono in sofferenza fino al fallimento e alla chiusura… Oggi è stata riconosciuta l’assoluta legalità della mia condotta. Ma il corso della mia vita ha subito pesanti condizionamenti… La mia è una storia, come quelli di tanti altri, di ingiusta giustizia che ho deciso di raccontare in tutti i risvolti in un libro di prossima pubblicazione».