«Indignazione». È questo il commento all'indomani della sentenza che ha condannato Saleem Mashi alla pena di venti anni di reclusione per il duplice omicidio di Giuseppe Sestito e Vincenzo Marino, avvenuto nel settembre del 2021 nel maneggio Valle dei Mulini a Catanzaro. Il giovane pakistano è stato giudicato con il rito abbreviato e ottenendo anche uno sconto di pena perché l'omicidio non è stato riconosciuto premeditato. 

L'indignazione per la sentenza

Ma i familiari di una delle due vittime esprime «indignazione» per la pena inflitta. «Tutta la famiglia, i conoscenti e chiunque abbia letto il verdetto è indignato per la sentenza di 20 anni per un duplice omicidio» commenta a caldo Raffaella Sestito, sorella di Giuseppe appassionato di ippica e per questo frequentatore del maneggio, dove ha perso la vita aggredito dal pakistano che lì lavorava. «Giuseppe era una persona buona e che ha vissuto per amore degli altri, anche per il signor Saleem» precisa.

Le presunte offese

«Nei suoi confronti aveva avuto molti gesti di attenzione per cui sembra assurdo leggere dichiarazioni in cui afferma di aver ucciso perché si sentiva offeso». Si tratta della versione dei fatti riferita dall'imputato già all'indomani dell'arresto per la brutale aggressione. Di aver colpito perché continuamente offeso da epiteti ingiuriosi. Una circostanza totalmente smentita dalla sorella di Sestito. 

Futili motivazioni

«Si tratta solo di una sua dichiarazione non è mai stata confermata da nessun'altro - aggiunge Raffaella Sestito -. Ciò che ci indigna, inoltre, è la non contestazione delle aggravanti delle futili motivazioni. E anche il gesto di crudeltà ci lascia con questo grande dolore». Saleem Mashi ha infatti dapprima aggredito Vincenzo Marino e solo in un secondo momento Giuseppe Sestito successivamente sopraggiunto al maneggio per puro caso. 

Gesto di crudeltà

«Mio fratello è stato colpito alle spalle mentre era al telefono - ricostruisce - con un amico perché doveva andare a vedere una puledra quella mattina. L'interlocutore ad un certo punto non lo ha sentito più perché era caduto a terra colpito con un badile e dopo essersi accanito più volte sul corpo».

La donazione degli organi

Giuseppe Sestito e Vincenzo Marino spireranno, infatti, dopo diversi giorni di agonia all'ospedale per le gravi ferite riportate al capo. Ma sono anche altre le persone presenti nel maneggio quella mattina ad esser state aggredite. «Siamo indignati perché si è partiti da una pena di 30 anni e con il rito abbreviato si è finiti ad infliggerne una di 20». I familiari dopo la morte di Giuseppe Sestito hanno deciso di donare gli organi: «Abbiamo voluto dare un senso a questa morte - spiega la sorella -. Lo abbiamo fatto perché abbiamo pensato che lui lo avrebbe fatto, era una persona che viveva per gli altri. Così abbiamo attribuito un senso di amore alla morte di mio fratello. Qualcuno continuerà a vivere con i suoi organi».