Un incontro incentrato sulla giustizia riparativa quello che Agnese Moro, la figlia dello statista ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978, ha avuto con i detenuti del carcere Ugo Caridi di Catanzaro. Dopo i saluti istituzionali del direttore Patrizia Delfino e del magistrato di sorveglianza Angela Cerra, che hanno sottolineato l'importanza dell'esempio di Agnese Moro in contesti come il carcere, la figlia dell'ex presidente del Consiglio dei ministri, ha raccontato il suo percorso di vita personale che l'ha portata ad instaurare un rapporto di amicizia con i brigatisti Adriana Faranda e Franco Bonisoli condannati per il rapimento di Aldo Moro e gli omicidi della scorta di via Fani. «È stato - ha dichiarato Agnese Moro - un lungo percorso che ho iniziato dopo anni, in cui i fantasmi di quegli uomini hanno fatto parte non solo della mia vita, ma anche della vita dei miei figli. Non era arrivata a loro solo la memoria di mio padre, quel ricordo positivo di ciò che era stato, ma anche l'angoscia, il dolore, il risentimento. Tutto questo con un silenzio rumoroso era stato trasmesso all'ultimo dei miei figli nonostante con loro io non avessi mai parlato». 

Per questo motivo Agnese Moro ha deciso di dire basta per migliorare la sua vita e quella dei suoi figli. «Quando quei fantasmi che mantengono nella tua mente il volto che avevano all'epoca te li trovi davanti, svanisce tutto - ha sottolineato -. Svanisce il fantasma ed hai davanti una persona con i tuoi stessi problemi, con il problema di dire al figlio, al nipote che lui nella vita ha ucciso una persona. Allora vedi in lui il dolore, lo riconosci. I fatti di allora sono storia, ma tu, insieme a loro, non siete più quelle persone, anche se il mondo vorrebbe che quei fantasmi rimanessero per sempre tali».

All'incontro, organizzato dalla pastorale penitenziaria calabrese, nato nel corso di un progetto di scrittura e lettura dei volontari del cappellania, coordinato dall'area educativa e trattamentale, hanno partecipato anche l'arcivescovo di Catanzaro-Squillace Claudio Maniago, il docente di diritto e religione all’Università di Pisa Luigi Mariano Guzzo, e il professore ordinario di sociologia all’Università di Catanzaro Charlie Barnao. «Questo incontro - ha detto Maniago - per me è sorprendente, ma mi ricorda molto la parabola del buon samaritano e di come ci insegna che amore e compassione non conoscono differenze e pregiudizi». Di umanizzazione del carcere e di itinerari Ignaziani hanno discusso Guzzo e Barnao.