Il neonato comitato per la difesa e la promozione della sanità pubblica ha chiesto ai sindaci del territorio di attivare un confronto per rimuovere criticità esistenti
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Il comitato per la difesa e la promozione della sanità pubblica della zona del Pollino, nato da poco, intende farsi promotore, con propri contributi, di una più ampia e partecipata discussione circa le possibili soluzioni ai problemi che ci sono oggi in campo nel periodo di emergenza sanitaria in atto. Per questo l’organismo ha prodotto un documento che è stato inviato ai sindaci del territorio con l’invito a promuovere «un tavolo tecnico-politico di concertazione che proponga nel più breve tempo possibile un documento ufficiale sulle correzioni da apportare ad una situazione che sta diventando sempre più insostenibile».
La dichiarazione di zona rossa che ha suscitato tante mobilitazioni di protesta ma non si è però sottolineato che fino ad ora «si sono persi almeno tre mesi per provvedere a rafforzare le strutture sanitarie in previsione di una recrudescenza della pandemia, che, purtroppo, puntualmente si è verificata». Per questo il comitato chiede di «recuperare strutture ospedaliere scarsamente utilizzate» e presenti sul territorio del Pollino allo scopo di offrire sedi di accoglienza per pazienti che non necessitano più di cure intensive, ma vanno ancora tenuti sotto osservazione. «Il nostro territorio - aggiungono i referenti del comitato - continua a soffrire per la scarsa attenzione nei suoi confronti da parte di chi ha il potere di decidere ed intervenire».
Importanza delle Usca
Le Usca che rappresentano il nodo cruciale per assistere anche a domicilio pazienti positivi al covid, ma non da ospedalizzare, sono «in numero troppo ridotto rispetto alle necessità: il Distretto di Castrovillari, 50.000 abitanti, ne è addirittura privo. Intanto i tempi di risposta ai tamponi si allungano in modo pericoloso». Mentre il contagio aumento non si è ancora fatto «nulla per iniziare a combattere le carenze di personale: le risorse del “Decreto Rilancio, per quanto cospicue, non sono state utilizzate, cosicché medici ed infermieri mancano ovunque».
Le carenze ospedaliere
Nell’analisi del momento ritornano le croniche deficienze dell’ospedale Spoke a partire dal reparto di ortopedia che da tempo non ha più il direttore, «che ha preferito dimettersi dopo mesi di inutili tentativi di adeguare il personale alle reali esigenze della struttura», fino alla divisione di broncopneumologia con due medici in prestito alla vicina Corigliano Rossano nel reparto Covid fino al laboratorio analisi dove «esistono professionalità e strumentazioni pronte da tempo che potrebbero dare risposte importanti nel tracciamento e nella diagnosi di eventuali positività al virus ma restano inutilizzate a tale scopo».