Gli ermellini ritengono fondato solo uno dei quattro motivi di reclamo presentati dal magistrato. Confermati i contrasti con la Dda di Catanzaro: «Mancavano le condizioni per la sua permanenza a Castrovillari»
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Accolto parzialmente, dalle Sezioni Unite della Cassazione, il ricorso dell'ex Procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla contro il trasferimento d'urgenza al Tribunale civile di Potenza disposto dal Csm con ordinanza del 22 novembre 2019.
In particolare, gli “ermellini” – con il verdetto 21432 depositato oggi – hanno ritenuto fondato uno solo dei quattro motivi di reclamo avanzati dalla difesa del magistrato, imputato a Salerno in un processo penale su presunti illeciti nell'affidamento a una società del servizio di noleggio di apparecchi per le intercettazioni.
Per questa ragione i supremi giudici hanno rinviato il riesame del caso Facciolla ad una nuova sezione disciplinare del Csm che dovrè seguire le indicazioni degli “ermellini” che ritengono che uno tra i vari addebiti contestati in fase cautelare alla toga calabrese non sia da considerarsi un illecito. Riguarda l'incarico a una società di digitalizzare atti di una vicenda sua personale, ormai conclusasi, di contrapposizione ad un altro magistrato.
Dunque non ci sarebbe stato trattamento non consentito di dati personali, e su questo punto la Cassazione ha chiesto al Csm di riesaminare bene le carte e le obiezioni della difesa. Invece per quanto riguarda le altre incolpazioni, tra le quali quella di falso e interferenza in indagini – l'inchiesta “Stige” della Dda di Catanzaro coordinata da Nicola Gratteri – le Sezioni Unite ritengono che il Csm abbia espresso un «argomentato e coerente convincimento» del compendio indiziario contestato a Facciolla.
Il verdetto, ripercorrendo la decisione del Csm sul trasferimento avvenuto lo scorso febbraio, ricorda «il contrasto esistente all'interno della magistratura calabrese anche in conseguenza della presente vicenda» che conta esposti presentati da Facciolla al procuratore generale di Catanzaro «tutti volti a screditare l'operato e la figura dei colleghi della Dda e della polizia giudiziaria da essi delegata per le indagini».
Queste circostanze, ad avviso della Cassazione, sono state valorizzate «in maniera di per sé non irragionevole e non contraddittoria» a sostegno «del venir provvisoriamente meno delle condizioni di permanenza del dott. Facciolla nel suo ufficio».