Resta altissima la tensione nelle carceri della Calabria, oggi affollate da oltre 3.000 detenuti, e continua inesorabilmente a salire il numero di eventi critici tra le sbarre. Ultimo grave episodio quello avvenuto nella struttura detentiva di Paola, come denuncia il sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe per voce del vice Segretario regionale Salvatore Panaro: «Un detenuto con problemi psichiatrici ha tentato di aggredire un altro ristretto, resosi di li a poco responsabile di turbativa per l'ordine la sicurezza la disciplina interna, lo psichiatrico aggredendo l’Agente di Polizia Penitenziaria del Secondo Reparto gli ha sottratto le chiavi, recandosi fulmineamente verso la cella ove era rinchiuso l'altro soggetto recluso, ma solo grazie all'intervento di altro personale di Polizia il facinoroso è stato bloccato ed allontanato dal reparto. Un plauso va al personale che con sprezzo del pericolo e mettendo a repentaglio la propria incolumità ha evitato il peggio. L'unità di polizia penitenziaria è stata costretta a rivolgersi alle cure dei sanitari intramurari. È indispensabile che l'amministrazione penitenziaria dia una risposta ferma a questi soggetti che molte volte nascondendosi dietro pseudo problemi psichici seminano terrore trasformando il carcere come l'inferno. La giusta risposta da dare sono i trasferimenti fuori regioni ed in reparti appositamente creati per i più aggressivi».

«Ancora una volta è il caso di sottolineare come alcune tipologie di detenuti debbano essere gestiti adeguatamente fuori dal carcere, poiché lo stesso non è un serbatoio dove rinchiudere persone con seri problemi di salute mentale», evidenzia Panaro, che aggiunge: «Non passa giorno che non venga registrato un episodio di violenza ai danni della Polizia Penitenziaria delle carceri italiane ed è grave che il personale di Polizia Penitenziaria sia lasciato senza mezzi di protezione, di difesa e senza strumenti di intervento ma soprattutto basta alla gestione di detenuti con problemi psichiatrici. Io credo che la Polizia Penitenziaria della Calabria, che ha pure dimostrato grande professionalità e senso del dovere come avvenuto a Paola, non debba essere messa nelle condizioni di vivere situazioni di alta tensione sotto il profilo della sicurezza e dell’ordine per detenuti che non devono stare in un carcere ma in una struttura ad hoc».

Donato Capece, segretario generale del Sindacato, torna a sottolineare che, a seguito della chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, moltissime persone con problemi psichiatrici sono ristrette nelle carceri del Paese e spesso proprio loro si rendono protagonisti di gravi eventi critici come quello accaduto a Paola: «Il disagio mentale, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, è stato riversato nelle carceri, dove non ci sono persone preparate per gestire queste problematiche, mancano strutture adeguate e protocolli operativi. La Polizia Penitenziaria non riesce più a gestire questa situazione. L’effetto che produce la presenza di soggetti psichiatrici è causa di una serie di eventi critici che inficiano la sicurezza dell’istituto oltre all’incolumità del poliziotto penitenziario. Queste sono anche le conseguenze di una politica miope ed improvvisata, che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari senza trovare una valida soluzione su dove mettere chi li affollava. Gli OPG devono riaprire, meglio strutturati e meglio organizzati, ma devono di nuovo essere operativi per contenere questa fascia particolare di detenuti».

Per Capece, infatti, «da quando sono stati chiusi gli O.P.G. (gli ospedali psichiatrici giudiziari), le carceri si sono riempite di detenuti affetti da gravi problemi psichiatrici. Ormai in ogni carcere decine e decine di detenuti con gravi problemi psichiatrici vengono ospitati normalmente nelle sezioni detentive, e spesso sono ubicati nelle celle con altri detenuti che non hanno le stesse difficoltà. Di conseguenza, i poliziotti penitenziari, oltre a essere costretti a gestire la sicurezza delle carceri in grave carenza di organico, devono affrontare da soli questi squilibrati senza alcuna preparazione e senza alcun aiuto. Non è corretto soltanto ammettere l’esistenza della questione dei detenuti con problemi psichiatrici e poi far solo finta di aver risolto un problema che invece sta esplodendo sempre di più nella sua drammaticità».

Il Sappe evidenzia infine come questi detenuti siano responsabili di «vero e proprio vandalismo all’interno delle celle, dove vengono disintegrati arredi e sanitari, ponendoli nella condizione pure di armarsi con quanto gli capita per le mani e sfidare i poliziotti di vigilanza. Oramai questi detenuti sono diventati una vera e propria piaga in diversi penitenziari e per la loro gestione sarebbero necessari trattamenti specifici all’interno di comunità terapeutiche. Il carcere non può custodire detenuti di questo tipo, a meno che non vi sia un notevole incremento di organico della polizia penitenziaria e di specialisti di patologie psichiatriche».