La pista del porto era quella giusta. Gli investigatori e i tecnici dell’impianto di depurazione di Gioia Tauro avevano ragione: gli 87mila litri di liquidi inquinati da una miscela di idrocarburi bloccati nel depuratore gioiese, il 15 febbraio scorso, provenivano dal grande terminal calabrese. È quanto emerge da un documento che LaC News24 ha potuto visionare: «Dai primi sommari accertamenti chimico-fisici si poteva ragionevolmente immaginare trattarsi di “acque di sentina” che vengono estratte dalle navi presenti nel Porto di Gioia Tauro e che vengono poi smaltite da aziende site in loco ed appositamente autorizzate». Sembra trovare conferma, quindi, la stessa dinamica ventilata da laC News24 nei giorni scorsi.

«Il 15 febbraio 2023 – si legge nel documento - il personale della Iam rinveniva la presenza di scarichi irregolari nei rifiuti in entrata nell’impianto di depurazione. In particolare veniva rilavato sia un forte odore di idrocarburi oleosi che chiazze stratificate e dense galleggianti sulla superficie dei rifiuti in entrata».

«La Iam ha immediatamente provveduto a comunicare agli organi di controllo quanto stava occorrendo ed ha contestualmente provveduto ad interrompere la propria lavorazione “tipica” di depurazione di rifiuti liquidi speciali non pericolosi (cosiddetti “bottini”), avviando le opportune verifiche sia in impianto che nella rete fognaria adducente all’impianto stesso, al fine di poter individuare la provenienza di detti scarichi irregolari».

«Dopo aver verificato i vari rami dei collettori adducenti, si è potuto riscontrare che la stessa tipologia di refluo era presente nella Stazione di sollevamento cosiddetta Progressiva, situata lungo l’asse attrezzato dell’area industriale in prossimità delle rampe di accesso alla strada di collegamento tra il Porto e l’Autostrada A2».

«In tale Stazione di sollevamento Progressiva confluiscono sia i reflui fognari proveniente dalla Stazione di sollevamento c.d. Interporto, sita nell’area portuale, che i reflui provenienti dalle aziende insediate nella stessa area portuale. Nello specifico, nella Stazione di sollevamento c.d. interporto confluiscono i reflui provenienti dal territorio di San Ferdinando e Nicotera e parte di quelli provenienti da Rosarno».

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«Dalle verifiche effettuate si è potuto riscontrare che la Stazione di sollevamento cosiddetto Interporto non era interessata da tali scarichi irregolari e, pertanto, si è potuto escludere che gli scarichi anomali potessero provenire dai territori dei Comuni sopra menzionati, ma che fossero invece riconducibili ad immissioni eseguite unicamente all’interno della rete fognaria presente nell’area portuale».

Infatti, da successivi controlli, si è potuto riscontrare la presenza di residui di idrocarburi oleosi solo all’interno di un pozzetto fognario posto tra la stazione di sollevamento Interporto e la stazione di sollevamento Progressiva.

«Dai primi sommari accertamenti chimico-fisici – si spiega nel documento - si poteva ragionevolmente immaginare trattarsi di “acque di sentina” che vengono estratte dalle navi presenti nel Porto di Gioia Tauro e che vengono poi smaltite da aziende site in loco ed appositamente autorizzate».

«La Iam ha quindi immediatamente adottato tutte le misure possibili atte a contenere lo sversamento di tali sostanze irregolari nell’impianto di depurazione, raccogliendo mediante autospurgo e stoccandole (per 87.000 lt.) in apposite cisterne, poi sequestrate dalla Polizia Giudiziaria. La predetta attività svolta dalla Iam ha quindi evitato un vero e proprio disastro ambientale, impedendo a detti scarichi irregolari (idrocarburi oleosi) di finire nelle acque del mare antistante Gioia Tauro, facendo – di fatto- da “filtro” tra l’arrivo di detti prodotti altamente inquinanti (in testa all’impianto) ed il loro riversamento in mare (a valle dell’impianto)».

Il documento termina riscontrando la correttezza «dell’attuale Consiglio di amministrazione della Iam, composto dal presidente Polizzotto e dal dottore Mariolo (già entrambi amministratori giudiziari della stessa Iam durante il periodo di sequestro giudiziario e poi riconfermati dalla proprietà anche dopo il dissequestro intervenuto quasi tre anni fa), nonché dal dott. Belcastro e l’odierno delegato ambientale dott. Moscariello», i quali «hanno dimostrato ampia sensibilità legale (denunciando immediatamente l’accaduto e collaborando fattivamente con gli Organi di controllo) e grande senso di responsabilità ambientale (bloccando immediatamente l’intera propria operatività tipica e concentrando tutti gli sforzi sull’intercettazione e blocco degli scarichi irregolari: il tutto con gravissime ripercussioni economiche derivanti dai mancati ricavi (a causa del blocco della propria attività per oltre un mese) e dai pesantissimi costi sostenuti per l’aspirazione, stoccaggio e successivo smaltimento di detti scarichi irregolari».