VIDEO | Il corpo del militare 34enne venne rinvenuto nel luglio 2016 a Bagaladi ma sono tante le incongruenze legate alla vicenda. La famiglia di Fausto Dardanelli non s’arrende
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«Mio figlio amava la legalità e credo che non sia giusto che sia morto così. Abbandonato in una macchina per ore ed ore. Per una mamma è una tragedia. Questa è un'agonia e me la porterò addosso finché vivrò. L'unica speranza è che se si tratta di omicidio possa venir fuori la verità».
A parlare è Maria Angela Placanica, madre di Fausto Dardanelli, il carabiniere 34enne, trovato morto nella sua auto, il 22 luglio 2016 a Bagaladi. Si pensa subito al suicidio. In realtà i colpi sparati con la pistola d’ordinanza sono due. Provate a sparare un colpo in una vettura chiusa. Il rumore è devastante. «Una persona per spararsi due colpi deve avere una certa forza d’animo». La famiglia esclude categoricamente il suicidio per una delusione d’amore, per la storia con una ragazza che era terminata ormai da qualche mese.
Chi era Fausto Dardanelli
«Per me era splendido. Mio figlio era un ragazzo pieni di vita, pieno di amici, con noi era affettuoso e avevamo un bellissimo rapporto. Portava sempre persone a pranzo a cena. Era un ragazzo tranquillo. Un ragazzo perbene. E ha lasciato tanti bei ricordi. Ho avuto testimonianze di persone che non conoscevo che mi hanno raccontato quanto fosse corretto. Ci teneva tantissimo al suo lavoro. Aveva tante specializzazioni e una cura particolare per la sua divisa, nei minimo dettagli. Ha fatto il carabiniere per vocazione, sin da quando era piccolo. L'Arma era la sua vita».
Avete avuto qualche sentore della disgrazia, considerato che si parla di suicidio?
«Io non ho percepito mai minimamente nulla. Neanche quel giorno che l'ho sentito al telefono. Assolutamente, non ho avvertito nulla che mi potesse solo far sospettare che mio figlio non sarebbe tornato. È questo che mi fa tanto tanto male. Perché se avessi capito qualcosa, sarei corsa. Ma l'idea non mi ha sfiorata minimamente».
Come siete venuti a conoscenza della morte di Fausto?
«Quella mattina non l’ho visto, ha fatto colazione, suo padre gli ha preparato il tè ed erano rimasti che si sarebbero visti alle 16 per andare a pesca. Mi aveva chiamato, io ero sotto la doccia, non ero riuscita a rispondere e l’ho richiamato alle 13.15. Era normalissimo al telefono, aveva una voce normale, la conoscevo bene la voce di mio figlio. Ha lavorato per tantissimi lontano e quando c’era qualcosa lo avvertivo. Ho provato a richiamarlo dopo un’ora ma non mi ha fatto parlare, mi ha detto che stava lavorando e che era col comandante. Lì ho sentito una piccola variazione di voce. Avrebbe smontato alle 15, ci avrei parlato tornato a casa. Lo aspettavamo, nella massima serenità. Verso le 17, non vedendolo arrivare ho provato a chiamarlo ma non rispondeva». Al telefono il giovane non poteva più rispondere. Fausto viene trovato morto intorno alle 18.30, una passante lo vede in auto e dà l’allarme. Ma la morte è da fare risalire a qualche ora prima.
Ora ci sono indagini in corso, il caso è stato aperto per la seconda volta e l’ipotesi più accreditata è quella dell’omicidio anziché del suicidio. La prima richiesta di archiviazione per presunto suicidio arrivo subito dopo la morte di Fausto. «Solo ad ottobre 2016 – spiega la donna - ho ripreso lucidità e ci siamo rivolti ad un avvocato. Nel marzo del 2020 il giudice Antonino Foti si è opposto alla seconda richiesta di archiviazione e le indagini vanno avanti e sono tuttora in corso».
Le tante incongruenze del caso
«La sera del maledetto 22 luglio 2016 sono venuti a casa mi chiedevano se Fausto fosse mancino perché aveva il braccio sinistro sporco di sangue. Ma assolutamente no. Mio figlio era destrorso». E poi aggiunge: «Non ci ha avvertiti nessuno di ciò che era accaduto. Ero in camera di mio figlio ad aspettare di vedere la sua macchina e invece mi son vista arrivare non so quante auto dei carabinieri. Ma io in quel momento non connettevo. Mi hanno detto che Fausto aveva avuto un incidente, ho pensato ad un incidente di macchina e ho cercati di capire dov’era ricoverato, se fosse grave. Alle mie insistenze mi hanno detto che mio figlio non c’era più. Quelle parole mi martellano, me le porto sempre dietro».
I particolari non tornano sono tanti. L'autopsia non è stata fatta immediatamente (ma solo nel 2019, su disposizione del giudice, nds), non è stato fatto lo stub ossia esame della polvere da sparo sulle mani, non è stato circoscritto l’ambiente in cui si era verificato il fatto, non hanno rilevato le impronte, non si è cercato il dna nell'auto, non si sono prese le cicche di sigaretta che c’erano. Le traiettorie dei colpi di pistola sono adesso all’esame dei periti.
«La prima ipotesi, quando si pensava al suicidio, è stata insensata: come faceva a spararsi tenendosi la testa?».
Il carabiniere è stato trovato in auto con la cintura di sicurezza allacciata. «Non la usava mai», spiega la madre. E ancora il motore ancora acceso, la musica ad alto volume. «Cose che non faceva mai, non erano da lui – insiste la madre – soprattutto il fatto che avesse il telefonino grande nella tasca dei pantaloni della divisa, dove lui non l'avrebbe mai messo. Mio figlio probabilmente aveva qualche appuntamento. Non hanno trovato segni di colluttazione, magari erano in tanti, o era qualcun da cui non si aspettava che potesse fargli male. Le chiavi e i suoi occhiali me li hanno restituiti a mano».
L'indagine continua