«È finita una vita di battaglie. È stato bellissimo. E va bene così». Capitano Ultimo va in pensione, coi gradi di colonnello ed una romantica nostalgia. «Rivedo gli sguardi dei carabinieri che hanno combattuto con me e per me – dice Sergio De Caprio –. Di quelli più giovani che, ho la certezza, continueranno le stesse battaglie». Parole di commiato pronunciate in una saletta al sesto piano della Cittadella Jole Santelli di Catanzaro, dagli uffici dell’Assessorato all’Ambiente della Regione Calabria alla cui guida l’ufficiale dell’Arma che arrestò Totò Riina ha atteso la quiescenza.

C’è Petalo, al suo fianco, il carabiniere che lo ha protetto per tredici anni, dal Noe ad oggi. E c’è una funzionaria del Dipartimento: il passato che conduce al presente. In una video intervista alla nostra redazione racconta il suo stato d’animo. Lascia intendere che l’Arma è un’identità che non si scuce di dosso con la quiescenza. Lascia intendere di avere imparato, dopo una carriera lunga e perigliosa, che c’è un Corpo fatto di burocrati e manager ed un altro di combattenti, quelli delle radiomobili che perlustrano le periferie, quelli che indagano su mafie e narcotraffico, che cacciano latitanti e che «si donano agli altri».

Parla della cattura che lo rese al tempo stesso una figura storica, un’icona, un personaggio da fiction, quella di Totò Riina. Racconta, De Caprio, del suo servizio a Milano, quando coi suoi uomini mise in atto tecniche di intercettazione e monitoraggio che hanno rivoluzionato il modo di indagare nel mondo delle mafie e del narcotraffico. Si sofferma anche sulla trattativa Stato-Mafia e sulle vicende giudiziarie che hanno colpito il suo comandante, il generale Mori. Poi le ecomafie, infine la Calabria. Una lunga video intervista, quella del congedo di Capitano Ultimo.