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Botta e risposta fra il Movimento Cinque Stelle e l’attuale sindaco di Pizzo Calabro, Gianluca Callipo. Al centro della querelle, le primarie del Partito democratico per scegliere nel 2014 il candidato alla presidenza della Regione Calabria. Primarie vinte da Mario Oliverio, poi divenuto presidente della giunta regionale calabrese, sul renziano Gianluca Callipo, allora come ora sindaco di Pizzo. Stando atti dell’inchiesta “Jonny” che ha portato in carcere l’ex governatore della “Misericordia” di Isola Capo Rizzuto, Leonardo Sacco, ritenuto al soldo del potente clan Arena, l’allora candidato alle primarie Gianluca Callipo avrebbe chiesto proprio a Sacco sostegno elettorale in occasione delle primarie. L’allora governatore della Misericordia avrebbe quindi chiesto al direttore del Cara di Isola Capo Rizzuto invitandolo a contattare tutti quelli della Misericordia per far votare Gianluca Callipo alle primarie. Fra i dipendenti della Misericordia, stando agli atti dell’inchiesta Jonny, figuravano pure stretti congiunti di esponenti di spicco dei clan Arena e Nicoscia.
Dopo le primarie, Leonardo Sacco avrebbe chiesto a Gianluca Callipo un contatto diretto con i soggetti più vicini al premier Matteo Renzi poiché alcuni parlamentari del Pd volevano chiudere il centro del Cara. Callipo – secondo gli atti dell’inchiesta e dell’informativa – avrebbe così chiesto a Sacco se sarebbe stato “meglio contattare direttamente lui” (per gli inquirenti Matteo Renzi) oppure “Luca Lotti o Guerini”.
Sulla vicenda interviene il Movimento Cinque Stelle il quale con una nota afferma che ci si trova dinanzi a notizie “gravissime che proverebbero rapporti elettorali tra l'esponente renziano del Pd Gianluca Callipo e Leonardo Sacco”. I parlamentari Dalila Nesci, Nicola Morra, Paolo Parentela e Federica Dieni, unitamente all’europarlamentare Laura Ferrara, sottolineano poi che appare “inquietante il fatto che Gianluca Callipo abbia ottenuto voti alle primarie interne del 2014 per la candidatura a governatore della Regione Calabria e si sarebbe poi messo a disposizione di Sacco, assicurandogli, per un altro progetto di accoglienza, un'interlocuzione con vertici del Pd nazionale, tra cui Luca Lotti e Lorenzo Guerini. Vogliamo sapere – incalzano i Cinquestelle – se ci siano stati scambi politico-elettorali con partecipazioni mafiose e quali siano stati gli accordi e i ruoli specifici. Confidiamo nell'azione della magistratura catanzarese, che in Calabria sta compiendo una preziosa opera di pulizia. Nel frattempo – conclude il M5S – aspettiamo che il diretto interessato, cioè Callipo, oggi candidato quale sindaco di Pizzo Calabro, faccia immediata e compiuta chiarezza sulla vicenda. Diversamente, il Partito democratico dovrebbe, per coerenza, indurlo a ritirarsi dalla campagna elettorale in corso”.
E la replica di Gianluca Callipo non si è fatta attendere. “Una non-notizia – la definisce – una post verità che rischia di danneggiare soprattutto la libertà di scelta dei cittadini che tra qualche settimana saranno chiamati alle urne. Ecco perché invito tutte le persone in buona fede a tenere gli occhi aperti, senza farsi abbindolare da chi ora sta bassamente strumentalizzando queste “indiscrezioni” che non hanno nulla di rilevante, né da un punto di vista giudiziario né da un punto di vista etico. Purtroppo, come spesso accade in Italia, queste cose succedono stranamente nell’imminenza di un appuntamento elettorale. Ho conosciuto Sacco tre anni fa - continua Callipo - nell’ambito della campagna per le primarie che mi ha portato a girare la Calabria in lungo e in largo, incontrando migliaia di persone.
A quell’epoca Sacco, insieme a don Edoardo Scordio, godeva della stima e della considerazione di tutti, dai prefetti ai sindaci, dalle massime cariche dello Stato alle più alte gerarchie ecclesiastiche. Basta fare una veloce ricerca in Internet per trovare alcune sue foto con i massimi leader politici nazionali e, addirittura, con il Papa. Questo ovviamente non vuol dire che tutti quelli che ha incontrato e con i quali abbia parlato siano collusi con la ‘ndrangheta. Per quanto mi riguarda la mia storia politica e umana è cristallina, perché ho sempre assunto posizioni di inequivocabile rigetto delle logiche mafiose. Lo dimostra il fatto che proprio in quella campagna elettorale per la scelta del candidato a presidente della Regione dissi pubblicamente che non volevamo i voti della ‘ndrangheta, facendo storcere il naso a più di qualche persona in Calabria.
Oggi, a distanza di 3 anni, alcuni organi di stampa riportano il contenuto di atti investigativi dai quali non emerge alcun profilo di responsabilità da parte mia. È emblematico che lo stesso magistrato che oggi coordina l’inchiesta che riguarda Sacco e Scordio, il dott. Nicola Gratteri, in un suo libro del 2013 parlava del sacerdote come di un esempio di lotta alla criminalità organizzata: “Noto per le sue coraggiose omelie ai funerali di alcuni mafiosi della zona - scriveva Gratteri -, è un prete che riesce ad attrarre intorno a sé moltissimi giovani, con i quali fonda importanti movimenti di volontariato”. Insomma, se un massimo esperto di ‘ndrangheta qual è Gratteri allora non aveva dubbi sulla liceità e sul valore civico delle attività condotte attraverso la Confraternita di Isola Capo Rizzuto, non si capisce come avrei potuto averli io, senza considerare che al netto di ogni considerazione, né la struttura né i loro gestori hanno mai ottenuto alcun vantaggio o favore da me. Punto.
Si può speculare quanto si vuole su questi fatti, magari cercando di fantasticare su banali espressioni colloquiali e di cortesia usate al telefono come può capitare a tutti, ma la realtà è che non ho niente a che fare con questa storia. Chi cerca di insinuare dubbi lo fa per mero calcolo politico, mortificando non soltanto il confronto democratico rappresentato dalle prossime elezioni, ma anche la propria dignità di uomo e di cittadino”.