Accusato dell'omicidio di Roberto Guerrisi, avvenuto sabato a Pontirolo Nuovo, in provincia di Bergamo, Rocco Modafferi (53 anni) ha ammesso - durante l'interrogatorio di convalida nella mattinata di oggi - di aver sparato, ma ha detto di averlo fatto per paura. Questa, in estrema sintesi, la versione fornita dall'uomo. Il gip di Bergamo Stefano Storto si è riservato la decisione sulla convalida del fermo e la misura cautelare. L'interrogatorio di Modaffari, assistito dall'avvocato Emanuele Occhipinti del foro di Ragusa (e con studio a Milano), è durato circa un'ora e mezza. Sulle dichiarazioni del suo assistito, il legale si è limitato a riferire di aver «chiarito tutto».

Trovata l’arma del delitto

L’omicidio è maturato a seguito di uno scontro tra famiglie calabresi nella Bergamasca. Guerrisi, 42enne originario di Gioia Tauro, ha trovato la morte la sera del 28 dicembre: voleva chiarire le violenze subite da sua figlia ed era arrivato davanti all’azienda della famiglia del fidanzato 22enne di lei. Lì lo zio del ragazzo avrebbe tirato fuori una pistola 6.35 semiautomatica e avrebbe sparato alla vittima: i colpi hanno raggiungo il volto di Guerrisi, il resto è cronaca rimbalzata sulle colonne dei giornali.

Ora ci sono due elementi in più: le parole di Modaffari e l’arma del delitto ritrovata lunedì 30 dicembre grazie al fiuto di un cane poliziotto specializzato nella ricerca di armi ed esplosivi. Con quella pistola, illecitamente detenuta, sarebbero stati esplosi due colpi a un metro di distanza dalla vittima, come testimoniano le macchie di sangue.

Le telecamere

Elemento chiave nell’inchiesta sono le telecamere, due, destinate a monitorare ciò che succede nella DB Car di via Bergamo, officina della famiglia Modafferi-Bonfiglio. Una decina di occhi elettronici capaci di monitorare tutta l’area. Secondo quanto appreso, uno degli obiettivi avrebbe ripreso chiaramente Rocco Modafferi sporgere la mano attraverso l’unica parte del cancello non coperta da una lastra metallica e sparare al volto di Roberto Guerrisi, che morirà pochi istanti dopo.

Lo zio della vittima: «Stavamo per andarcene»

L’edizione di Bergamo del Corriere della Sera riporta la versione dello zio della vittima: «Stavamo per andarcene quando siamo stati chiamati, Roberto si è girato e da dentro hanno sparato due colpi», racconta l’uomo che ha tentato di praticare un massaggio cardiaco a Guerrisi.

Quella serata tragica era iniziata con la decisione di chiarire lo screzio tra i due fidanzati. Giovedì sera il ragazzo avrebbe picchiato la fidanzata durante un litigio per il quale erano anche arrivati i carabinieri, che avevano raccolto la denuncia.

Quella lite ha generato l’azione di Roberto Guerrisi, arrivato sabato scorso con un gruppo di parenti di fronte al cancello della ditta, scatenando il diverbio poi sfociato nell’omicidio.

Guerrisi, nato a Gioia Tauro, era arrivato a Boltiere 20 anni fa dopo avere trovato un posto alla Tenaris: lavorava al magazzino dell’acciaieria. Negli anni è stato raggiunto dai genitori, dai dieci tra fratelli e sorelle, e da altri parenti, che da sabato pomeriggio sono raccolti davanti alla palazzina a due piani di via Milano.