Vuoto di democrazia

«La ‘ndrangheta fa paura come i cannibali ma San Luca è altro», l’ultima intervista al sindaco che ci ha provato

Bruno Bartolo chiude la sua consiliatura di resistenza. Nessuno si è candidato e ora arriverà un commissario. Per 5 anni ha governato il paese simbolo della mafia calabrese: «Ringrazio tutti, anche il mio avversario Klaus Davi. Se non fosse stato per lui non ci avrei provato»

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di Vincenzo Imperitura
15 maggio 2024
10:42
San Luca e nel riquadro il sindaco Bruno Bartolo
San Luca e nel riquadro il sindaco Bruno Bartolo

«Il mio più grande rammarico? Non essere riuscito ad allentare questa cappa di pregiudizio che ci soffoca. Per i media di tutto il pianeta siamo come extraterrestri: si parla solo di Duisburg, di sequestri, di ‘ndrangheta. I fatti ci sono stati, ci sono, non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia, ma qui non ci sono i cannibali. Uno dei punti del mio programma, quando mi sono candidato, era la normalizzazione dell’immagine del paese. Non ci sono riuscito, questo rammarico mi tormenta e me lo porto dietro, ma ho sbattuto su un muro di gomma e spesso le istituzioni non ci hanno aiutato. Siamo rimasti il parafulmine di tutta la Calabria».

Nel suo ufficio al primo piano del municipio di San Luca, Bruno Bartolo sbriga gli ultimi atti della sua consiliatura prima di lasciare il posto ad un commissario di nomina prefettizia che si insedierà a breve alla guida del Comune. Dopo il passo indietro, con la decisione di non presentare una sua seconda candidatura, nessuno si è fatto avanti e domenica scorsa, termine ultimo per la presentazione delle liste, l’ufficio elettorale è rimasto desolatamente vuoto. Proprio come era successo nel 2016 e negli anni successivi, quando furono gli stessi sanluchesi a chiedere la proroga del Commissario che si era insediato in municipio all’indomani dell’ennesimo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni del crimine organizzato. Ora, dopo cinque anni di “normalità” amministrativa, il tempo sembra essere tornato indietro. «Sono stanco – racconta a LaCnews24 il primo cittadino uscente – e nella nostra lista siamo quasi tutti piuttosto avanti con l’età. Ne abbiamo parlato a lungo tra di noi e abbiamo deciso di non ricandidarci. Qualche giorno fa poi sono venuti in Comune due cittadini per prendere i plichi necessari alla presentazione delle liste, ma non c’è stato il passo successivo. Chissà, forse se non avessimo avuto la speranza di qualcuno che si metteva in gioco, una lista alla fine l’avremmo presentata».


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Sbarcato in Comune 5 anni fa alla guida di una lista fatta di soli sanluchesi, Bruno Bartolo è diventato sindaco anche grazie al massmediologo Claus Davi che, in assoluta controtendenza, si propose  alla cittadinanza con una sua lista annullando, di fatto, la possibilità di mancato raggiungimento del quorum. «Se mi sono candidato nel 2019 è anche per una punta d’orgoglio, visto che Claus Davi aveva deciso di avanzare la sua candidatura. Ma lui è di Milano e per San Luca ci vuole un sindaco di San Luca. Però non ho problemi a ringraziare lui e i suoi consiglieri, ci hanno dato una mano. Da Carlo Tansi che ha messo a disposizione le sue capacità come geologo, fino a Giuseppe Brugnano, rappresentante delle forze dell’ordine che è rimasto in Consiglio fino all’ultimo e che abbiamo premiato con una pergamena in occasione dell’ultimo consiglio comunale. Se anche lui si fosse dimesso, non avremmo avuto i numeri per lavorare. Voglio ringraziarlo pubblicamente a nome di tutta la cittadinanza».

Cinque anni intensi quelli passati da Bartolo alla guida del paese considerato come la “mamma” della ‘ndrangheta. Cinque anni in cui i problemi non sono mancati (tra gli altri anche un paio di avvisi di garanzia per i lavori allo stadio e per l’area mercatale del santuario di Polsi), così come non sono mancati momenti di esaltazione e di scoramento. «Abbiamo puntato moltissimo sulla scuola – racconta ancora Bartolo – qui abbiamo 600 ragazzi fino a 14 anni di età, in controtendenza con gli altri paesi interni della Calabria. Ci siamo battuti per avere la dirigenza della scuola qui a San Luca, ma per ottenerla per i prossimi due anni abbiamo dovuto invitare in paese il ministro dell’Istruzione Valditare per toccare con mano quale è la nostra realtà. Quello è stato un momento che non dimenticherò facilmente. Così come non dimenticherò la visita del ministro della difesa Crosetto che era arrivato in paese per rendere omaggio alla figura del brigadiere Carmine Tripodi (ammazzato dalla ‘ndrangheta nei primi anni ’80, ndr). In quella occasione, pur trovandosi a San Luca, il ministro non ha sentito il bisogno di incontrare il sindaco di San Luca. Avrei dovuto dimettermi quel giorno».

Più volte commissariato per infiltrazioni mafiose, e per tre “turni” fermo al palo per mancanza di candidati alle amministrative,  San Luca si è anche ritagliato l’avvilente record italiano di astensione dalle urne. In occasione delle ultime politiche, quelle che due anni fa hanno mandato Giorgia Meloni a palazzo Ghigi, solo il 22% degli aventi diritto si presentò al seggio: meno di un quarto dell’elettorato attivo. Una disaffezione che parte da lontano e che rischia di riproporsi anche in vista dell’imminente tornata per il Parlamento europeo. «Da anni nessun politico si fa vedere in paese durante le campagne elettorali. Nessun comizio, nessun confronto, nessun incontro pubblico per parlare dei problemi del paese. Tutto sacrificato sull’altare del pregiudizio che incombe su San Luca. Però poi i fac simile dei candidati, quelli si, quelli in paese arrivano. Solo che non viene nessuno a spiegare perché bisognerebbe votare per quei candidati».

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