Brattirò di Drapia, frazione di ottocento anime del comune di Drapia, diventa teatro anche quest’anno di una polemica puntuale come le tasse. Dal 25 al 27 settembre, infatti, il piccolo borgo ospita la tradizionale Fiera dei Santi medici, Cosma e Damiano, con relative bancarelle, giostre e l’immancabile riffa, che vede come primo premio una vitella viva. Un’usanza che, appunto, non ha mancato neppure quest’anno di provocare lo sdegno delle associazioni animaliste, in primis della Lav di Vibo Valentia, che ha diffidato gli organizzatori dal porre il giovane bovino a corredo dell’estrazione.

 

Siamo stati quindi sul posto per raccogliere i pareri di quanti animano il lungo serpentone e abbiamo trovato opinioni contrastanti e, soprattutto, risolute. La maggior parte degli intervistati, ad onor del vero, opta per la tradizione: «La vitella si riffa da sempre, è una polemica inutile - ci dice una signora -, non la trattano male, il comitato la tiene nella stalla, le dà da mangiare, non la portano tra la gente». Ma un venditore ambulante ha qualcosa da obiettare: «Siamo nel 2020, credo che ormai si debbano abbandonare queste usanze primitive, ci si deve mettere al passo con i tempi e cambiare qualcosa».

 

E se l’ago della bilancia pende verso il Sì alla vitella, qualcuno strizza l’occhio a una mediazione: «Penso che ci si possa mettere d’accordo in qualche modo».

Quale sia il metodo, non è facile stabilirlo, visto che le posizioni sono sempre più nette: «È una barbarie» incalza un uomo; «Non la vedo una crudeltà» gli fa eco una donna.

 

Disorientati da questa ridda di sentenze, decidiamo di andare a chiedere alla diretta interessata, ma, giunti in piazza, ecco la sorpresa: la vitella non c’è. Come anticipato dai solerti difensori, si trova in una stalla: «È accudita per bene, è tranquilla – conferma un membro del comitato – e non verrà neppure esposta, è da dieci anni che non lo facciamo».

 

Ancora spaesati, cerchiamo quindi giudici supremi in grado di dispensare sentenze assolutorie per l’una o l’altra parte. Chiediamo quindi conforto ai Santi medici, tirati in mezzo all’ennesima polemica dopo i cartelli di Riace. La chiesa che li ospita, abbellita a festa in attesa delle celebrazioni, ci fa ben sperare in un’intercessione, ma ovviamente non riceviamo risposta, mentre nella mente ci risuona il vecchio detto popolare: «Ha’ vogghia mu ndi fai ricci e cannola, u santu ch'è di marmuru non suda».