VIDEO | Colpita un’azienda di Cariati, il proprietario minaccia di tornarsene in Germania se non sarà trovata una giusta soluzione. Coldiretti: «Necessitano forme alternative di cattura»
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Branchi di cinghiali devastano colture, uliveti, vigneti, mais. Ingenti i danni agli agricoltori da anni alle prese con una problematica di difficile soluzione. Uno degli ultimi casi ha riguardato un’azienda agricola che opera a Cariati, con 36 ettari di terreno tra uliveti e querceti. Si tratta dell’impresa Palaiti, dal 1995 sul mercato e la cui struttura è a conduzione familiare. Ha un indotto lavorativo fino a 20 unità. Nell’ultimo decennio ha subito danni ingenti.
I cinghiali hanno abbandonato le zone di montagna portandosi a valle, laddove risiedono le colture più significative dell’intero comprensorio. L’azienda di Cariati, come tante altre, è in una zona di pianura con ampi tratti scoscesi. Il branco ha colpito anche il sistema idraulico di terrazzamento. Ben 11mila piante. Qui i cinghiali hanno abbattuto i gocciolatori per danni pari a 50mila euro, oltre a siepi e recinzioni. L’agricoltore Rocco Sapia, dopo tanti anni trascorsi in Germania era pervenuto alla decisione di tornarsere nella sua Cariati ma se continua così sarà costretto a rivedere la decisione assunta.
Non basta il solo “abbattimento” di cinghiali, fa sapere il responsabile di zona (area Rossano) di Coldiretti Gino Vulcano, «necessitano forme alternative di cattura e successivamente avviarli o alla macellazione o destinarli in aree al cinghiale più adatte». Anche l’ambito territoriale di caccia (ATC – CS2) inizia a subire il colpo in materia di risarcimento: «Finora siamo riusciti ad intervenire sul 100% dei danni subiti, sottolinea il presidente Nilo Le Fosse, ma più passa il tempo e maggiori sono le segnalazioni che pervengono e ciò determina forti contrazioni economiche.
Di questo passo, non sappiamo se potremo garantire i risarcimenti richiesti». Intanto è proprio di questi giorni la notizia dell’ordinanza emessa dal presidente della Regione Calabria, Nino Spirlì, firmatario di un provvedimento che abilita la cacciagione ai selettori anche al fine di “limitare i danni alle colture”, nonché di scongiurare il “potenziale pericolo per l’incolumità pubblica”.