Poche decine di euro per otto ore di lavoro giornaliere, niente ferie o congedo per malattia. É inquietante il quadro che emerge dall'inchiesta della Procura della Repubblica di Lamezia Terme scaturita dalla denuncia di un lavoratore
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Una società agricola operante nel lametino è stata sottoposta a controllo giudiziario per sfruttamento di manodopera. Il provvedimento è stato eseguito questa mattina dai carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Lamezia Terme, unitamente al nucleo carabinieri ispettorato del lavoro di Catanzaro.
La misura è stata disposta dal Giudice per le indagini preliminari di Lamezia Terme, al termine di un’articolata attività di indagine, coordinata e diretta dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, nei confronti degli amministratori e di taluni dipendenti della citata società, indiziati del reato di sfruttamento del lavoro in danno di numerosi bracciati agricoli. L’indagine ha tratto origine da un accesso ispettivo, eseguito presso la società agricola, da personale dell’ispettorato territoriale del lavoro e del nucleo carabinieri ispettorato del lavoro di Catanzaro, al seguito del quale, tre cittadini extracomunitari denunciavano di essere stati sottoposti, quali prestatori di manodopera nella citata azienda agricola, a gravi condizioni di sfruttamento, sia sotto il profilo della retribuzione, che del rispetto della normativa a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e dei metodi di sorveglianza.
I successivi approfondimenti investigativi compiuti attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali presso i luoghi di lavoro, perquisizioni e sequestri anche di natura informatica, assunzioni di informazioni dai dipendenti, nonché attività di osservazione, pedinamento e controllo hanno consentito di raccogliere significativi elementi e fonti di prova, concretizzanti gravi indizi di colpevolezza in ordine alla circostanza che, presso la citata società, decine di lavoratori, per lo più extracomunitari, fossero sottoposti a condizioni di sfruttamento, mediante la corresponsione di una paga giornaliera che, secondo la nazionalità di provenienza, oscillava tra i 28 e i 33 euro per otto ore di servizio quotidiano in maniera palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali, la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, la radicale assenza di tutela medica, ferie o congedo per malattia, plurime violazioni in termini di sicurezza ed igiene, nonché la sottoposizione a condizioni di lavoro e a metodi di sorveglianza degradanti.
Secondo quanto emerso nelle indagini dei carabinieri, la quasi totalità dei lavoratori giungeva nel territorio nazionale in condizioni di clandestinità, a bordo di barconi approdati fortunosamente, con successiva concessione di permesso di soggiorno, per mantener il quale necessitavano di un’attività lavorativa. Peraltro, quasi tutti i dipendenti vivevano in condizioni economiche precarie, stante la necessità di provvedere al mantenimento proprio e delle famiglie di origine, alle quali inviavano periodicamente parte dei guadagni.