Ordinanza di custodia cautelare in carcere per Davide Belville, di 21 anni, e Francesco Gigliotti, di 28 anni, arrestati l’8 aprile scorso dal gip di Lamezia Terme. A disporla, il gip distrettuale di Catanzaro che si è pronunciata sulla richiesta avanzata dalla Dda dopo che il gip del Tribunale di Lamezia Terme aveva dichiarato la propria incompetenza territoriale e funzionale in sede di convalida dei fermi, attesa la contestazione agli indagati dell’aggravante mafiosa (art. 7 della legge antimafia).

 

Secondo l’accusa, i due giovani sarebbero i due presunti autori dell’attentato dinamitardo che la notte del 30 marzo scorso ha provocato ingenti danni al noto panificio denominato “Il Fornaio” di Angotti Luigi e figli situato in via Piave a Lamezia Terme. L’esplosione aveva causato danni anche ad alcuni immobili ed autovetture parcheggiate nei pressi dell’esercizio commerciale preso di mira.

 

Danneggiamento, possesso di esplosivo ed esplosioni pericolose aggravate dalla metodologia mafiosa le accuse nei confronti dei due indagati.

 

Per il gip distrettuale sussistono “gravi indizi di colpevolezza” in ordine ai reati contestati e fondamentale per le indagini della polizia si è rivelato il video che ha registrato il compimento materiale dell’atto e che ha consentito di risalire ai suoi autori. Per il giudice “la visione del filmato consente di apprezzare l’estrema gravità della condotta ove solo si consideri che la stessa è avvenuta in modo tale da attentare all’incolumità pubblica, in considerazione della zona – sottolinea il magistrato – in cui la bomba artigianale è stata collocata, vale a dire in pieno centro abitato, alle ore 23.35 e nelle adiacenze del teatro Grandinetti ove da poco si era concluso uno spettacolo.

 

Ed in effetti – continua il gip – si apprezza come appena qualche secondo prima del posizionamento dell’ordigno esplosivo passi una comitiva di ragazzi. E’ evidente, allora, come concreto sia stato il rischio di determinare una strage ove altra gente fosse passata nelle vicinanze dell’esplosione, atteso che dal posizionamento della bomba artigianale alla sua esplosione è intercorso un lasso di tempo di circa venti secondi che si sarebbe potuto rivelare fatale per gli eventuali malcapitati di turno.

 

 

Per il giudice “non sussistono dubbi sul riconoscimento di Belville e Gigliotti” quali autori dell’attentato. Anche sull’aggravante mafiosa per il gip non vi sarebbero dubbi sia per via della metodologia utilizzata per l’attentato e sia per le sue modalità che rilevano – quanto alle esigenze cautelari – una spiccata pericolosità sociale manifestata da entrambi gli indagati”. Sussistente anche il pericolo di reiterazione del reato in considerazione del fatto che la disponibilità da parte degli indagati di un ordigno esplosivo della potenzialità lesiva in concreto manifestata denota senza dubbio il collegamento con la criminalità organizzata, dovendosi ipotizzare che l’atto abbia avuto valenza intimidatoria. Il che – conclude il gip – porta a ritenere prossima l’occasione di reiterazione di analoghe condotte criminose ai danni di altri commercianti, tanto più che i centri di potere mafioso stanno cercando di affermare o riaffermare, nel Lametino, il loro potere sulla popolazione”.

 

Il giudice, quanto al possibile inquinamento probatorio, sottolinea inoltre che “sono attualmente in corso indagini volte ad individuare altri soggetti coinvolti nei fatti, nonché ad individuare altri compartecipi che traspaiono dalle intercettazioni, attività che presuppongono una nuova escussione a sommarie informazioni delle persone offese e che potrebbero essere irrimediabilmente pregiudicate dalla rimessione in libertà di chi è stato fermato, per cui gli indagati – se rimessi in libertà – sicuramente si adopererebbero per intimidire le vittime”.

 

Da qui il mantenimento in carcere dei due arrestati, atteso anche il pericolo di fuga per Francesco Gigliotti (difeso dall’avvocato Careri) e Davide Belville (difeso dall’avvocato Larussa), i quali se rimessi in libertà, possono “contare verosimilmente sull’appoggio di una più ampia rete criminale di supporto”.  

 

Tiziana Bagnato

Giuseppe Baglivo