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L'audizione all'ex ministro Maria Carmela Lanzetta in commissione antimafia non è stato un processo, "noi non siamo un tribunale, siamo una commissione di inchiesta". Così, a margine di un'iniziativa di Libera e Spi-Cgil a Bologna, la presidente della Commissione, Rosy Bindi, ha risposto ai giornalisti che le chiedevano un commento sull'incontro di ieri con l'esponente calabrese del Pd. Bindi ha ricordato come la Calabria sia una terra particolare in cui i simboli antimafia sono più importanti che altrove e occorre la massima trasparenza. L'audizione è nata da un'intervista dell'ex sindaco di Monasterace (Reggio Calabria) nella quale diceva di non aver mai parlato di 'Ndrangheta a proposito delle minacce che aveva ricevuto ai tempi in cui era primo cittadino. "Io sono andata a ricostruire - ha detto Bindi - e non ne aveva mai parlato. E lei (che nella lotta alla 'Ndrangheta è diventata un simbolo, ndr) non aveva mai parlato di 'Ndrangheta: vuole che non le chieda il perché?". La presidente ha detto che ieri la risposta di Lanzetta al fatto che le minacce provenissero da quell'ambiente è stata: "sì è 'Ndrangheta. Ecco ho detto, lo gridi ai quattro venti, anche se la verità processuale ancora non si conosce". Tra i temi dell'audizione, anche quello del rifiuto ad entrare nella Giunta regionale calabrese: Lanzetta, ha detto Rosy Bindi, "ha ribadito che uno come Nino Di Gaetano (al centro di vicende di voto di scambio per le quali non è indagato ma che, ad avviso dell'ex ministro, non sono sufficientemente chiare, ndr) non dovesse far parte della Giunta". "Per combattere la mafia - ha concluso Bindi - è necessaria anche la trasparenza dell'antimafia. Mi sento molto tranquilla perché non mi vedrete mai fare un uso politico della commissione parlamentare antimafia".