Per i giudici amministrativi, il raggruppamento d'imprese che se l'è aggiudicato un anno fa non avrebbe neanche potuto partecipare alla gara. Il risultato è che l'Anac pretende ora spiegazioni da Palazzo dei Bruzi che, a sua volta, rischia di pagare penali salatissime
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Non bastavano i problemi strutturali e finanziari che quattro anni fa ne hanno determinato la chiusura, perché alle già tormentate vicende della Biblioteca civica di Cosenza, si aggiunge ora un’altra grana. Una sentenza del Consiglio di Stato, infatti, getta un’ombra sull’appalto da tre milioni di euro assegnato, a giugno del 2023, da Palazzo dei Bruzi alla “Costruzioni Procopio srl” per procedere al restyling dell’edificio di piazza XV Marzo. Secondo i giudici amministrativi di Roma, la ditta in questione, che ha sede a Catanzaro ed è espressione di un Raggruppamento temporaneo d’imprese (Rti), non aveva i requisiti per partecipare a quella gara.
A sollevare il caso, era stato il secondo classificato, Gianfranco Mirabelli, titolare dell’omonima impresa individuale di Rende, che lamentava il mancato rispetto, da parte del vincitore, di una delle condizioni richieste dal bando: quella di aver eseguito, negli ultimi dieci anni, lavori analoghi a quelli oggetto della gara cosentina. La Procopio, infatti, aveva indicato un progettista che sosteneva di essersi assicurato, tre anni prima, l’appalto per la ristrutturazione di un ospedale napoletano. Dai controlli eseguiti in seguito presso quell’Asl, però, è emerso che, in realtà, era arrivato solo sesto in graduatoria.
Una «dichiarazione non veritiera», dunque, che ha indotto il Consiglio di Stato a disporre «l’annullamento dell’aggiudicazione», un provvedimento che, però, potrebbe non trovare applicazione. Quello in questione, infatti, è uno dei due maxiappalti che interessano la Biblioteca civica. L’altro, da cinque milioni di euro, è gestito direttamente dal ministero della Cultura e riguarda anche il restauro e la conservazione dell’immenso patrimonio librario custodito nell’attiguo ex convento di Santa Chiara. Finanziati nell’ambito del Pnnr, rispondono a norme speciali che, al rispetto delle procedure, antepongono quello «dei tempi di attuazione». Il risultato, insomma, è che, al netto della sentenza, il contratto stipulato dal Comune con la ditta aggiudicatrice continua a essere in vigore, nonostante la stessa «avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara».
Una situazione spinosa che pone Palazzo dei Bruzi davanti a un bivio fatidico: lasciare tutto così com’è, oppure annullare l’aggiudicazione in autotutela e assegnare progettazione e lavori a Mirabelli. Nella vicenda, intanto, è entrata l’Anac, sollecitata in tal senso dal difensore del costruttore rendese, l’avvocato Valerio Zicaro. Al Municipio bruzio, l’Autorità nazionale anticorruzione ha chiesto di fornire entro quindici giorni «ragguagli» sulle iniziative che intende adottare a seguito della sentenza, pena l’emissione di sanzioni e deferimenti.
Il tempo non è ancora scaduto, ma c’è da dire che fin qui, l’orientamento del Comune di Cosenza è sembrato quello di chi intende tirare dritto. Il caso, infatti, viene sollevato già subito dopo l’apertura delle buste, ma in quel caso, la dirigente Antonella Rino, firmataria della determina di assegnazione, attiva il «soccorso istruttorio», dando la possibilità alla Procopio di integrare la documentazione.
La vicenda si trasferisce poi al Tar che, al pari del Municipio, riterrà la controversia sanata proprio da quella procedura attivata in extremis, la stessa su cui, invece, si è abbattuta ora la scure del Consiglio di Stato. «La giurisprudenza amministrativa vieta l’integrazione postuma dei requisiti» scrivono i giudici in sentenza, perché «si pone in contrasto con il principio di parità fra i concorrenti». Nel caso specifico, inoltre, il soccorso istruttorio «non integra», ma addirittura «rettifica» il quadro di partenza e, come se non bastasse, sembra equivalere anche «a una remissione in termini».
Morale della favola: comunque vada, questo pasticcio riserverà conseguenze che, per il momento, si traducono nelle cinquemila euro di spese legali che il Comune di Cosenza dovrà rifondere all’impresa appellante. Acqua fresca rispetto a ciò che si verificherebbe nel caso in cui lo stesso Municipio scegliesse di non interrompere il rapporto con la Procopio. In quel caso, dovrebbe versare alla ditta rendese, esclusa ingiustamente dalla gara, un risarcimento pari al dieci per cento dell’importo a base d’asta: trecentomila euro, euro più euro meno. E per un Comune in dissesto, non è certo la migliore delle prospettive.