Sono 21 le persone nei confronti delle quali la Dda di Catanzaro ha proposto appello contro la sentenza emessa il 14 luglio scorso dal Tribunale collegiale di Catanzaro. Il processo è denominato Basso Profilo e punta il dito contro gli intrecci illeciti tra le cosche crotonesi e il mondo dell’imprenditoria.

La sentenza contempla 35 condanne e 12 assoluzioni. La Dda ha chiesto un processo d’appello nei confronti di Henrik Baci, condannato a 2 anni di reclusione (l’accusa aveva chiesto 7 anni di reclusione); l’ex consigliere comunale di Catanzaro Tommaso Brutto, assolto (chiesti 9 anni); l’ex consigliere di Simeri Crichi Saverio Brutto, assolto (chiesti 7 anni); Eliodoro Carducelli, 8 anni (chiesti 15 anni); Ilenia Cerenzia, 4 anni e 5 mesi, (chiesti 2 anni e 6 mesi); Ercole D’Alessandro, 6 anni e 8 mesi (chiesti 15 anni); Vincenzo De Luca, assolto (chiesti 13 anni); Santo Faldella, 4 anni e 10 mesi, (chiesti 4 anni); Antonio Gallo, 30 anni, (chiesti 30 anni); Glenda Giglio, assolta, (chiesti 7 anni); Umberto Gigliotta, 30 anni (chiesti 24 anni); Andrea Leone, 18 anni (chiesti 21 anni); Francesco Le Rose, 4 anni e 8 mesi, (chiesti 9 anni); Ieso Marinaro, 7 anni e 2 mesi, (chiesti 3 anni); Giovanni Mazzei, 3 anni, (chiesti 6 anni); Antonio Melino, assolto (chiesti 4 anni); Daniela Paonessa, 7 anni e 2 mesi, (chiesti 3 anni); Rosa Talarico, 4 anni e 6 mesi, (chiesti 6 anni); Luca Torcia, 2 anni e 7 mesi, (chiesti un anno e  6 mesi); Rosa Torcia, 3 anni e 9 mesi, (chiesti 2 anni e 6 mesi).

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La corruzione aggravata

Per quanto riguarda Tommaso Brutto, Saverio Brutto, Antonio Gallo ed Ercole D’Alessandro i pubblici ministeri Paolo Sirleo e Veronica Calcagno hanno fatto appello rispetto all’accusa di corruzione aggravata dal metodo mafioso dalla quale gli imputati sono stati assolti. Il fatto riguarda il fatto che l’imprenditore Antonio Gallo – implicato, intorno al 2017/2018, nell’operazione Borderland scattata contro la cosca Trapasso – avrebbe fatto entrare i figli di Tommaso Brutto (Saverio Brutto) ed Ercole D’Alessandro (Luciano D’Alessandro) in una società con sede in Albania, senza che costoro pagassero la loro quota, in cambio di informazioni riservate sul suo conto che Ercole D’Alessandro, all’epoca dei fatti maresciallo della Guardia di Finanza di Catanzaro, avrebbe dovuto acquisire dai colleghi e rivelare a Gallo.
Secondo i pm l’interesse di Gallo a coinvolgere i figli di Brutto e D’Alessandro nell’affare in Albania non era quello di sfruttare «presunte e non meglio specificate conoscenze» del finanziere Ercole D’Alessandro in Albania ma «di avere dalla sua parte un importante Ufficiale di polizia giudiziaria di Catanzaro, che potesse tenere sotto controllo l’operato dei propri colleghi».
«E i Brutto – prosegue l’accusa – erano perfettamente consci di ciò».
L’equazione che mettono nero su bianco i pm è la seguente: Gallo, da un lato, era consapevole di avere problemi con la giustizia; Gallo interessava i Brutto al fine di intervenire sugli inquirenti; i Brutto gli proponevano la figura di D’Alessandro senior che già dimostrava di sapere dei legami “pericolosi” tra l’imprenditore e la cosca Trapasso; veniva stipulato un accordo in forza del quale i figli di D’Alessandro e Brutto entravano in società “gratin con Gallo, il quale avrebbe immesso tutti i capitali; D’Alessandro si prestava ad aiutare Gallo.

D’altronde, si chiede l’accusa «che interesse aveva un imprenditore accorto come Gallo, professionalmente attrezzato nel settore dell’antinfortunistica, a prendere con sé, non già come dipendenti, ma addirittura come soci, due soggetti professionalmente sprovveduti, senza alcun bagaglio esperienziale minimale, senza alcun conferimento economico della loro quota, come avviene nelle normale pratiche delle società commerciali e, soprattutto, senza neanche conoscere personalmente uno dei due (Luciano D’Alessandro)?».

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Lo scambio elettorale politico mafioso

Inoltre Tommaso e Saverio Brutto sono anche stati assolti dall’accusa di scambio elettorale politico mafioso per avere appoggiato in maniera illecita la candidatura alle politiche del 2018 di Francesco Talarico compagno di partito nell’Udc.
Talarico si era rivolto a Tommaso Brutto il 28 giugno 2017 e il 3 ottobre 2017. «Tommaso e il figlio Saverio Brutto alludevano alla figura di Gallo Antonio, brillante imprenditore, evidenziando che questi era un soggetto con il quale avevano un’attività comune in Albania. Nell’occasione, Tommaso Brutto sottolineava che era persona da “stringere” e che in campagna elettorale costui non “si tira indietro”; rispetto alla posizione di Gallo, chiedeva a Talarico se potesse intercedere con Cesa (Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc), per appalti…». A questo punto «Gallo, chiaramente compulsato dai Brutto, si attivava con suoi referenti reggini (Antonino Pirrello, Natale Errigo), mettendo in contatto Talarico con questi ultimi». Pirrello ed Errigo avrebbero promesso al politico il sostegno elettorale, attraverso il ricorso a metodica di intimidazione nel territorio di riferimento (in particolare il quartiere Archi di Reggio Calabria notoriamente controllato dalle cosche De Stefano, Tegano e Condello). Lo stesso Errigo è imparentato con esponenti della cosca De Stefano/Tegano di Archi, specificamente con Francesco Antonio Saraceno, condannato in via definitiva per associazione mafiosa.

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«Dovevano essere condannati per corruzione elettorale»

Secondo i giudici di primo grado, i Brutto erano inconsapevoli degli sviluppi finali della vicenda.
Al contrario, sostiene l’accusa, i Brutto avevano fatto specifiche richieste a Talarico riguardo all’appoggio elettorale di Gallo: di intridurre Gallo appalti e di trovare un posto per Saverio Brutto. «E quindi costoro hanno sicuramente spiegato un contributo rilevante nell’economia del patto corruttivo», scrivono Sirleo e Calcagno.
Davanti a queste evidenze, sostiene l’accusa, il Tribunale avrebbe dovuto quantomeno intravedere, nella posizione dei Brutto, la corruzione elettorale «e quindi condannarli per questa fattispecie di reato».