Tre anni ed un mese di reclusione. Questa la condanna per l’ex responsabile anticorruzione della Regione Calabria Maria Gabriella Rizzo, di 59 anni, processata con il rito abbreviato – che gli è valso uno sconto di pena pari ad un terzo – nell’ambito dell’inchiesta su presunte irregolarità nella gestione dei bandi finanziati da fondi comunitari per il supporto al turismo. Il pm Graziella Viscomi aveva chiesto la condanna a 4 anni. Sotto processo con rito ordinario ci sono invece (sono stati rinviati a giudizio nel mese di gennaio) l’imprenditrice Laura Miceli, 69 anni, di Ricadi, l’ingegnere Antonio Tolomeo, 41 anni, di Catanzaro, componente la commissione incaricata alla vigilanza sul “Finanziamento di Piani di investimenti produttivi” e Deborah Valente, 51 anni, cosentina ma residente a Tropea. 

L'inchiesta È dovere

Maria Gabriella Rizzo, ora in servizio al Dipartimento Turismo, beni culturali e spettacolo, rispondeva insieme all’imprenditrice turistica di Ricadi Laura Miceli, per corruzione e falsità ideologica nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Catanzaro denominata “È dovere”.

 

Le indagini, condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, sotto il coordinamento della Procura, contestano alla dirigente regionale di aver comunicato all’imprenditrice Laura Miceli informazioni non ancora divulgate riferite a bandi non pubblicati, fornendo anche consulenze. La Rizzo, anche in incontri informali appositamente organizzati, avrebbe quindi prospettato alla Miceli l’evoluzione delle istruttorie di pubblicazione ed i contenuti di bandi regionali finanziati da fondi comunitari destinati al supporto del settore turistico-alberghiero. In cambio avrebbe beneficiato di soggiorni vacanze e casse di vino. Grazie a tali condotte, Laura Miceli e la società “Baia d’Ercole” avrebbero eluso – secondo l’accusa – il divieto di partecipazione a un finanziamento pubblico erogato dalla Regione Calabria, altrimenti precluso in quanto “Baia d’Ercole” aveva già usufruito di un contributo cd. “de minimis” da 200 mila euro per il “miglioramento ed ampliamento delle strutture ricettive esistenti”. 

I favori alla Rizzo

In cambio di tali “servigi”, secondo gli inquirenti, Maria Gabriella Rizzo era stata ospite delle strutture ricettive facenti capo alla famiglia di Laura Miceli, ricevendo inoltre indebite donazioni di vino e offerte di pranzi a spese dell’imprenditrice di Ricadi. Le attività investigative hanno altresì consentito di accertare che, in un caso, la dirigente regionale Rizzo si sarebbe personalmente adoperata per “accontentare” la Miceli, bisognosa di avere la liquidazione il prima possibile di un Sal di oltre 130 mila euro. Per un errore contenuto in una scheda tecnica, l’effettiva liquidazione del S.a.l. da 130mila euro è poi scesa a 124mila euro. In questo caso la Rizzo si sarebbe sentita in dovere di spiegare alla Miceli che l’errore non era dipeso da lei. A fronte di tali “servigi”, la Rizzo, unitamente ai propri familiari, avrebbe usufruito a spese della Miceli di un soggiorno di cinque giorni a Firenze e di un soggiorno nel villaggio di Santa Maria di Ricadi della Miceli, oltre a pranzi e donazioni di vino. 

 

Secondo l’ipotesi accusatoria a Tolomeo sarebbe stato offerto un incarico professionale quale procuratore della Valentour srl di Deborah Valente, affittuaria di un ramo di azienda, gestore di mero fatto della ditta Baia d’Ercole con sede a Santa Maria di Ricadi e professionista incaricato della progettazione. Tolomeo, Miceli e Valente rispondono anche di falso ideologico in concorso. Secondo le ipotesi di accusa, Tolomeo e Valente pur sapendo che l’imprenditrice aveva già usufruito di benefici in regime di de minimis, avrebbero sbarrato nella domanda di concorso la casella relativa alla mancata fruizione dei benefici, consentendo a Miceli i finanziamenti relativi al bando “macchinari e impianti”. Maria Gabriella Rizzo negli scorsi anni è stata anche dirigente amministrativo dell’Asl di Vibo Valentia.