L’imprenditore catanzarese della Guglielmo, la famosa azienda produttrice di caffè, racconta in un breve post l’esperienza su un Frecciargento. E sui social scatta la solidarietà
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Se Cristo si è fermato a Eboli un motivo ci sarà pure. Forse la ragione è nella mancanza di servizi ferroviari all’altezza di quel Mezzogiorno senza il quale, afferma la politica italiota tutta, il Paese non va da nessuna parte.
Chiacchiere. Mentre al Nord si possono permettere addirittura il lusso di essere No Tav, combattendo battaglie di principio sull’alta velocità, qui giù, in Calabria, l’aspirazione di viaggiare in maniera decente spesso non è alla portata di nessuno, a prescindere dal costo del biglietto, che si paga uguale.
«Andate a farvi fottere». Lo scrive Daniele Rossi, presidente della Camera di commercio di Catanzaro e imprenditore della Guglielmo, la famosa azienda calabrese produttrice di caffè. Lo scrive sulla sua pagina Facebook e sebbene non rivolga l’invito a qualcuno in particolare, la sua esortazione è ovviamente diretta a chi quel treno lo mette su rotaie e lo manda nel profondo Sud. Il motivo di tanta acrimonia è un viaggio sulle uniche “frecce” che osano essere scoccate fino in fondo allo Stivale: «Freccia Bianca da Reggio Calabria a Roma: bagni chiusi, rotti, puzza – scrive nella sua stringata cronaca Rossi -.Freccia Argento da Reggio Calabria a Roma: bagni senza acqua, spesso chiusi. Freccia Rossa da Roma a Milano: bagni funzionanti, brillanti, chiusure automatiche, profumi e aromi». Insomma, un altro mondo. Un’altra latitudine. Forse un altro Paese.
Non bisogna essere presidenti di una Camera di commercio qualsiasi per incazzarsi. Perché i primi ad arrabbiarci siamo noi, comuni mortali, che le cialde del caffè le compriamo non le vediamo. Lo dimostrano i commenti imbufaliti al suo post. «Siamo in Africa, è normale! Popolo di caproni». Oppure: «Ringraziamo i politici calabresi degli ultimi 20 anni...». Inoltre: «Sudditi siamo!», «Schiavi siamo!», «Terroni siamo!». In un tripudio di punti esclamativi e “mandali a quel paese anche per me”, non c’è nessuno che gli dia torto.
Appena qualche giorno fa, la nostra Monica La Torre aveva raccontato con ironia il senso di smarrimento che si prova in una delle principali stazioni ferroviarie della Calabria, che in teoria dovrebbe accogliere migliaia e migliaia di turisti l’anno.
Appena qualche giorno fa, per pura combinazione, un Frecciarossa era arrivato per la prima volta fino a Reggio Calabria a causa di un guasto che aveva fermato il cugino di un dio minore, il Frecciargento, inchiodato giocoforza a Napoli e impossibilitato a proseguire. Una specie di miracolo per caso che ha sfatato un tabù di antica data, e cioè che qua giù i treni più fighi non ci possono arrivare, come se la Calabria fosse l’Urss di un secolo fa dove lo scartamento ridotto, cioè una diversa misura delle rotaie, impediva ai treni imperialisti di entrare.
Dice sì, ma che te ne fai del Frecciarossa o di Italo se tanto sempre a 150 allora sei costretto ad andare, visto che l’infrastruttura esistente non permette l’alta velocità a 300 e passa? Non vogliamo andare più veloci, a quello ci abbiamo quasi rinunciato. Ma almeno vogliamo poter andare in bagno senza rischiare conati di vomito… quello sì, e dai, sempre Italia è. O no?
Enrico De Girolamo