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«La vergognosa vicenda che ha coinvolto il Dottor Giuseppe Brisinda, primario del reparto di chirurgia dell’Ospedale di Crotone, non ha ancora trovato soluzione nonostante il reintegro del professionista da parte del Giudice del Lavoro». È quanto dichiarato dalla portavoce di Azione Identitaria Paola Turtoro.
«Adesso - prosegue la nota- si attende la reintegrazione da parte del direttore generale Sergio Arena che, a quanto pare, preferisce tenersi stretta la “prestigiosa” poltrona (nonostante i conti in rosso) piuttosto che pensare e preoccuparsi della necessità e di far tornare operativo un illustre chirurgo come il Dottor Brisinda che, in pochissimo tempo, ha dato lustro al nosocomio e, principalmente, un sospiro di sollievo agli ammalati che hanno avuto la possibilità di operarsi e curarsi “a casa” senza affrontare costosissimi viaggi della “speranza”.
Da tempo conosciamo le logiche politiche e, ahinoi, partitiche che guidano il sistema sanitario crotonese divenuto cambiale elettorale a discapito degli utenti che si trovano costretti a rivolgersi altrove perché nell’Ospedale di Crotone i professionisti seri e preparati vengono boicottati favorendo le “tessere di partito”.
Tale mia considerazione nasce dalla consapevolezza e dalle numerosissime testimonianze raccolte sulla validità ed il valore del primario di chirurgia che, ad oggi, nonostante una sentenza che invalida il sistema accusatorio partito dall’interno e sottoscritto dal direttore Arena, non puo’ offrire il suo servizio alla comunità crotonese.
La domanda è: cui prodest?
Considerando che resterà senza risposta, chiedo le dimissioni del dirigente Arena per incapacità gestionale e valutativa, nonché per la sua non conoscenza del territorio e delle necessità richieste dall’utenza.
È ora che la sanità torni ad essere al servizio del cittadino e non in mano a burocrati che hanno abiurato al giuramento ippocratico prediligendo ruoli politico/dirigenziali avulsi dalla realtà e che fanno solo l’interesse dei partiti d’appartenenza ignorando le sofferenze anche economiche di chi è costretto a ricorrere alla migrazione sanitaria, se ne ha la possibilità, o, peggio ancora, a rinunciare alle cure (e ci sono rapporti e tabelle che attestano la Calabria al terzo posto del libro nero sanitario)».