Avrebbero imposto «un vero e proprio monopolio nel traffico di droga sul territorio di Crotone». L’inchiesta della Dda di Catanzaro (coordinata dal procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla e dai sostituti Domenico Guarascio e Paolo Sirleo) che ha portato all’arresto di 44 persone accusate a vario titolo di traffico di droga parte dalla sentenza di condanna di alcuni esponenti della famiglia Spagnolo. Stessa città – Crotone – altro gruppo: gli «spunti investigativi» contenuti nella pronuncia avrebbero dimostrato che i membri di quella gang operavano «all’intero di un sistema ben organizzato, rifornendosi di stupefacenti dal gruppo Laratta».

Da queste osservazioni iniziano approfondimenti investigativi che, secondo i magistrati che hanno coordinato le indagini condotte dalla Squadra mobile di Crotone, avrebbe rivelato l’esistenza di «un gruppo ben organizzato facente capo a Maurizio Valente, nonché ad Antonio, Francesco e Pantaleone Laratta» che, insieme ad altri, avrebbero «sfruttato la propria esperienza criminale e i propri contatti sul territorio» per «movimentare ingenti quantitativi di cocaina, eroina e droghe leggere».

Intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, perquisizioni, sequestri di stupefacente e armi e arresti avrebbero confermato «i precisi spunti informativi offerti dal collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, 34 anni». Oliverio, secondo il gip, sarebbe un «soggetto intraneo alla ’ndrangheta e a conoscenza delle dinamiche afferenti il narcotraffico, essendo stato inserito per anni nell’attività di vendita di stupefacenti sul territorio di Crotone». È già noto alle cronache, Oliverio, condannato in via definitiva per l’omicidio di Giovanni Tersigni, freddato a colpi di pistola nel centro storico di Crotone nel settembre 2019. Quel delitto è «maturato proprio per ragioni relative allo spaccio di stupefacenti» e il pentito si è autoaccusato di esserne il mandante.

Non solo: è stato proprio Oliverio a raccontare «l’esistenza di un’organizzazione, strutturata in bande insistenti nella zona di Fondo Gesù» e ne ha individuato il vertice proprio il Maurizio Valente, che in un verbale del 26 agosto 2020 definisce «il responsabile». Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sono un filo che si snoda nelle indagini e trova – per l’accusa – conferme nell’attività investigative. Sempre Oliverio ha dato conto «dell’esistenza di veri e propri magazzini destinati allo stoccaggio della sostanza, delle sistematiche forme organizzative» e anche «dell’esistenza di diversi canali di fornitura».

Valente, in particolare, si sarebbe rivolto «a soggetti albanesi» e anche a grossisti di Isola Capo Rizzuto per alimentare un giro d’affari e diventare monopolista dello spaccio nel capoluogo pitagorico. Il capo, in particolare, sarebbe stato «pienamente attivo all’interno del carcere imponendo» anche da recluso le regole del gruppo. Sia lui che Pantaleone Laratta avrebbero «continuato a gestire l’organizzazione» dal penitenziario in cui si trovavano reclusi, approfittando «sia dei colloqui carcerari che di “ambasciate” trasmesse all’esterno».