«La deontologia professionale impone ai professionisti il rispetto del cosiddetto “codice etico”, che ogni determinata professione custodisce come elemento essenziale e consegna a tutti coloro i quali si predispongono ad esercitarla. In special modo chi esercita l’antica e nobile professione dell’avvocatura, dovrebbe con ogni mezzo porsi al servizio della verità e della giustizia, non a caso gli avvocati vengo indicati anche come operatori del diritto».


Con queste parole, affidate a un comunicato, il referente regionale di Libera Calabria, don Ennio Stamile, è intervenuto sulle dichiarazioni dell’avvocato De Pace, legale di Rosaria Scarpulla, madre di Matteo Vinci, ucciso con un’autobomba lo scorso 8 aprile a Limbadi. De Pace, in una recente intervista, ha accusato l’associazione e le istituzioni di aver abbandonato la donna e di fronte alle telecamere ha strappato le tessere di iscrizione al movimento antimafia.


«Nel plateale gesto posto in essere dall’avvocato della Signora Rosaria Scarpulla, Giuseppe De Pace – continua il comunicato -, quello cioè di strappare la tessera di Libera senza peraltro dire che era vecchia di almeno tre anni, si è letteralmente e strumentalmente calpestata la verità circa il presunto abbandono da parte della nostra Associazione nei confronti della Signora Scarpulla».


Libera ha voluto ricordare che «è la prefettura a stabilire se una persona necessita o meno della scorta. Questa delicata decisione viene presa dal Prefetto dopo aver ascoltato il comitato sicurezza ed ordine pubblico composto dai vertici delle forze dell’ordine di ogni Provincia. Non sono i singoli cittadini né le varie associazioni a doverne determinare e dettare le condizioni».


Nel proseguo l’associazione ha evidenziato che «siamo stati e continueremo a stare vicino alla Signora ed alla sua famiglia, in diverse occasioni, durante la fiaccolata organizzata all’indomani dell’efferato omicidio, con note stampa ed articoli, con visite periodiche alla signora che a volte abbiamo accompagnato anche in campagna con la nostra macchina visto che ancora non si sente di guidare».


Secondo Don Stamile, «strappare platealmente una tessera - anche se datata - dinanzi alle telecamere, significa calpestare la dignità e l’impegno di tanti familiari delle vittime innocenti, associazioni, sindacati, scuole di ogni ordine e grado, testimoni di giustizia, imprenditori, giovani e meno giovani che si impegnano quotidianamente in Libera perché credono nei valori di cui essa è portatrice. Le vittime ed i loro familiari hanno bisogno di verità, di giustizia e di autentica solidarietà fatta di parole vere e di gesti concreti, non di strumentalizzazioni pubblicitarie o di altro vario genere», ha concluso il referente.