La Corte di Cassazione smonta, di fatto, la sentenza d’appello del processo “Reggio Nord” e ordina un nuovo processo per l’imprenditore Pasquale Rappoccio. È una decisione di rilievo quella assunta dalla Suprema Corte che, nella tarda serata di ieri, ha emesso un verdetto che riapre nettamente i giochi per l’ex patron della Medinex. Ma non solo, anche per diversi altri imputati del processo.

 

Condannato e poi assolto

Pasquale Rappoccio è personaggio molto noto a Reggio Calabria. Già presidente della Medinex dei miracoli, la squadra di volley femminile che vinse sul campo uno scudetto, è un imprenditore attivo nel settore delle forniture medicali. Ma, dalle indagini della Dda di Reggio Calabria, è emerso che Rappoccio era soprattutto un uomo a disposizione della ‘ndrangheta ed in particolare della cosche di Archi. Ed è dal processo “Reggio Nord” che è venuto fuori come l’imprenditore avrebbe acquisito la discoteca “Limoneto”, nel quartiere di Gallico, in nome e per conto di Mico Condello “u pacciu” e del cognato Bruno Tegano. Un’altra storia imprenditoriale condita da una contiguità alla ‘ndrangheta emersa in più occasioni. Rappoccio, fra l’altro, viene indicato anche come appartenente alla massoneria.

 

Tornando al processo, dopo una condanna a cinque anni in primo grado, in Appello l’imprenditore era stato assolto. La Cassazione ha annullato tale decisione rinviando ad una nuova sezione dei giudici di piazza Castello per rifare il processo. Stessa sorte anche per Robertino Morgante e Fabio Pasqualino Scopelliti, condannati in primo grado, assolti in Appello e ora costretti ad un nuovo procedimento di secondo grado.

 

I ricorsi accolti

Nella complessa sentenza emessa dalla Cassazione spiccano anche alcune posizioni che sono state annullate rispetto alla decisione di condanna in Appello. Pasquale Bertuca, Giuseppe Caronfolo e Renato Marra avevano rimediato una condanna a 10 anni di reclusione per il reato di associazione mafiosa. Molto argomentata la discussione dell’avvocato Giuseppe Nardo, in difesa di Renato Marra, accusato di essere appartenente alla cosca Caronfolo con il solo Giuseppe Caronfolo. Il legale ha rimarcato come, in mancanza di un qualsiasi riferimento attuale ad altri soggetti appartenenti al medesimo sodalizio 'ndranghetistico, la sola presenza di due persone non è sufficiente ad integrare il reato previsto e punito dall’articolo 416 bis del codice penale. Una discussione valsa anche per le posizioni di Bertuca, difeso dall’avvocato Pasquale Foti, e dello stesso Caronfolo, difeso dagli avvocati Antonio Managò e Giuseppe Alvaro. Per tutti e tre è stato disposto un nuovo procedimento d’appello.

Annullata senza rinvio, poi, la posizione di Cosimo Morabito, difeso dall’avvocato Michele Albanese, accusato di procurata inosservanza di pena nei confronti di Mico Condello “u pacciu”.

 

 

 

Consolato Minniti