C'è una linea che collega il centro di Cosenza e quello di Milano. Congiunge la sede dell'Asp bruzia e quelle degli uffici di alcune società di factoring meneghine, che ad agosto hanno intimato all'Azienda sanitaria di pagar loro immediatamente decine di milioni di euro. Sono soldi legati ai presunti debiti della stessa verso alcune cliniche private, con queste ultime che, per incassare subito, hanno ceduto i loro crediti a quelle società. Il problema è che nella contabilità di via Alimena non c'è traccia di gran parte delle relative fatture.
A metà novembre era stata LaC News a raccontare per prima questa vicenda, ripresa nelle settimane successive dal Fatto Quotidiano, dalla Rai su Titolo V e dal Corriere della Calabria. Avevamo scritto di fatture per circa dodici milioni di euro che non si trovano, ma a distanza di mesi abbiamo scoperto che il problema è ancora più grosso e le somme in ballo superiori. A conferma di quanto scritto da anni dai revisori contabili dell'Asp ed evidenziato di recente dalla Corte dei Conti: «L'Azienda non è in grado di identificare con certezza la matrice sulla cui base i pagamenti vengono liquidati, questa situazione espone la stessa al rischio di remunerare più di una volta lo stesso importo per il medesimo debito»

La risposta a Guccione dopo due mesi

All'indomani del nostro articolo, infatti, il consigliere regionale Carlo Guccione (Pd) aveva chiesto all'allora commissario dell'Asp Cinzia Bettelini «documenti sulle società Argo Spv srl, Toro 1 srl e PJT 2411 srl, che hanno notificato una cessione di credito relativa a fatture che l'Asp ha verificato non essere iscritte nel registro della contabilità». Per avere quelle carte, però, il democrat ha dovuto minacciare il successore di Bettellini, Vincenzo Carlo La Regina, di rivolgersi alla magistratura, visto che per due mesi non aveva avuto risposta. La replica del nuovo commissario stavolta non si è fatta attendere, con un fascicolo che alimenta ulteriori dubbi sulla bontà delle richieste delle società di factoring e lascia intuire che l'Asp non intende sborsare quanto richiesto da Argo, Toro 1 e Pjt 2411, così come per i crediti che Arrow Spv, Astrea Quattro Spv e Tocai Spv – le altre tre società che battono cassa a via Alimena - sostengono di vantare. Di questi ultimi, solo quelli ceduti dalla clinica San Bartolo – riconducibile alla famiglia del vicepresidente del Consiglio regionale, Luca Morrone – alla Astrea Quattro e relativi al solo 2020 parrebbero non presentare problemi.

I misteriosi 18 milioni della clinica Tricarico

Il nodo principale riguarda la casa di cura Tricarico, la struttura di Belvedere Marittimo dove non si erogano prestazioni da giugno del 2018 finita al centro dell'inchiesta “Clinica malata”. Toro1, Arrow e Tocai – hanno tutte lo stesso presidente del consiglio d'amministrazione: Antonio Caricato – ritengono che spetti loro una somma complessiva che supera i 17,6 milioni di euro per fatture che vanno dal 2011 al 2017. Ad oggi, però, nessuno ha ancora trovato le fatture nel sistema contabile o in archivio. E, soprattutto, la Tricarico ha già «ceduto pro soluto i propri crediti vantati nei confronti dell'Asp presenti alla data dell'atto di cessione» nonché quelli che la clinica avrebbe maturato fino al 23 novembre 2018 a un'altra società, la Teda Capital Srl. L'atto è in Gazzetta ufficiale da novembre del 2017.
A scrivere sono le direttrici dell'Uoc Governo della rete e dei territori, Giuliana Bernaudo, e di quella Risorse finanziarie, Aurora De Ciancio, in una nota del 18 dicembre scorso. Le due dirigenti, nel documento girato da La Regina a Guccione, precisano anche che «trattandosi di credito contestato è la curatela con l'Area legale di questa Asp a dare indicazioni su successive cartolarizzazioni. In ogni modo – concludono – le successive fatture oggetto di richiesta di pagamento della Toro 1 risultano nel sistema contabile non presenti». Ma se Teda Capital ha acquistato tutti i crediti accumulati da Tricarico fino al 2018, com'è possibile che due anni dopo a Toro1, Arrow e Tocai spettino quasi 18 milioni? Pure per Tocai, poi, non si trova neanche una delle fatture indicate, né in archivio né nella contabilità, tant'è che Bernaudo e De Ciancio hanno chiesto, «al fine di evitare l'insorgere di contenziosi» alla società di fornir loro copia conforme all'originale sia delle fatture che dell'atto di cessione del credito. La richiesta è partita il 24 novembre ma – almeno fino a un paio di settimane fa – non aveva ancora avuto risposte da Milano.

I soldi del 2019 per Cascini? Tutti già liquidati

Rimanendo a Belvedere Marittimo, c'è poi il caso della casa di cura Cascini, riconducibile al sindaco del paese tirrenico e alla sua famiglia. Stavolta ad aver acquistato crediti dalla struttura è la Argo, sempre presieduta da Caricato. Per quanto riguarda quelli relativi al 2020 – circa 550mila euro – non ci sono problemi: le fatture sono tutte esigibili, scrive ancora Bernaudo, «in quanto richieste da questa Uoc previa acquisizione e validazione del flusso di prestazioni erogate all'interno del tetto di spesa contrattualizzato». C'è però un decreto ingiuntivo con cui la Argo richiede il pagamento di prestazioni erogate dalla Cascini nel 2019. Non si conosce l'ammontare della cifra in gioco ma un altro dettaglio, non meno importante: le somme che spettavano alla Casa di cura (o chi per lei) nel 2019, circa 8,6 milioni di euro, in base al contratto stipulato con l'Asp e ai relativi tetti di spesa sono state «tutte inequivocabilmente liquidate». Saranno state anche pagate? Se poi Cascini ha speso di più per erogare prestazioni extra non è più un problema dell'Asp, tenuta a sborsare solo per quelle coperte dal budget contrattualizzato, come chiarito in passato dal Tar del Lazio e dalla Cassazione per casi simili. Anche stavolta, tra l'altro, una delle fatture indicate nel decreto ingiuntivo della Argo non risulta registrata all'Azienda sanitaria.

Pjt, tra fatture già pagate e altre scomparse

Infine ci sono i soldi che la Pjt 2411, amministrata da Manlio Genero, ritiene che l'Asp debba darle. Stavolta le strutture coinvolte sono molte di più, così come le incongruenze. I crediti ceduti alla società di factoring dalla Centri assistenziali Monsignor Oliveti, «già consacrati in un decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo, sono stati pagati dal Commissario ad acta nominato dal Tar di Catanzaro all’esito del giudizio di ottemperanza promosso». È stata la stessa Pjt a precisarlo a LaC nel preambolo della sua replica al nostro primo articolo. Ci sono però altre sette fatture relative al 2014 e al 2015. Valgono circa 3,9 milioni di euro e l'Asp non le trova da nessuna parte, riguardano il Centro odontoiatrico San Luca Alto Tirreno cosentino, la casa di cura Villa del sole e la solita Cascini. E i privati «possono emettere fattura solo dopo formale comunicazione all'unità operativa competente dell'importo da inserire nella stessa, in relazione all'acquisizione e validazione del flusso delle prestazioni erogate nel mese di riferimento», ricordano Bernaudo e De Ciancio.

Pjt, inoltre, ha presentato il conto per 25 fatture (tutte di piccola entità, si va da un un minimo di 113 euro a un massimo di 4.600) acquistate dai pugliesi della Fondazione centri di riabilitazione Padre Pio Onlus. La direttrice dell'Uoc Tutela anziani e disabili, Lorella Massenzo, grazie a un controllo incrociato ha scoperto che ben 18 sono state già pagate da anni, una non è registrata nella contabilità, tre non sono state liquidate dal Distretto di Rende e le altre risultano liquidate ma non pagate da Amantea e Rossano. Dallo Jonio fanno sapere che le due fatture di loro competenza sono registrate all'Ufficio Ragioneria da dipendenti andati in pensione ormai e che quindi «non è stato possibile capire a chi sono state trasmesse per la liquidazione». All'ufficio che si occupa delle rsa «comunque, non risultano mai pervenute». Quanto a Rende, il direttore Ottorino Zuccarelli ha prima provato a infischiarsene asserendo che il suo distretto ha competenza sulle fatture solo dal 2014. Poi, quando Massenzo lo ha zittito a colpi di circolari del 2012 che gli assegnavano quel compito fin da allora, ha scritto alla onlus foggiana per chiederle di «attestare di non aver intrapreso nessuna azione legale a riguardo del mancato pagamento e/o comunicare a questo distretto l'esistenza di eventuali ricorsi per decreto ingiuntivo». Che sia perché in quelle circolari si scriveva che per chi non avesse seguito le procedure corrette in relazione alle fatture sarebbero scattati «provvedimenti disciplinari e di responsabilità amministrativo-contabile con le sanzioni relative»? Fatto sta che anche a Pjt 2411, così come a Tocai, Bernaudo e De Ciancio hanno chiesto le copie delle fatture mancanti e degli atti di cessione dei crediti e ancora pare le aspettino.

L'Area legale dice di non pagare nulla

Ma quale sarà la prossima mossa dell'Asp per respingere l'assalto dei presunti creditori? A dettare la linea è stato il direttore dell'Area Legale, Giuseppe Brogno, che in una lettera inviata a Bernaudo, De Ciancio e Bettellini tre giorni dopo il nostro articolo, dopo aver precisato di non essere lui la fonte della notizia (verissimo, nda), sostiene che quanto raccontato da LaC «parrebbe infondato». Salvo poi confermarne la fondatezza poche righe dopo, fornendo alle tre il suo parere da avvocato sull'inesistenza delle fatture secondo l'Asp (cioè quello che avevamo scritto) e il da farsi. Brogno aveva prima provato a passare la pratica a un altro legale del suo ufficio, Silvia Cumino, ma quest'ultima, dopo averla tenuta sulla scrivania per cinque giorni, gliel'ha spedita indietro dicendo che non era di sua competenza. Così è toccato a lui dare il consiglio richiesto. Cosa dice? Che «sarebbe opportuno che la dottoressa Bernaudo provveda a inoltrare alle presunte creditrici asseritamente cessionarie di fatture una risposta con la quale si contesti espressamente l'esistenza di alcun credito per come dalla stessa dottoressa Bernaudo e dalla dottoressa De Ciancio accertato. Se sussistono eventualmente cessioni di credito – prosegue Brogno - le stesse vanno contestate nel merito, precisando l'inesistenza, per come accertato, di un credito certo, liquido ed esigibile con conseguente nullità degli eventuali atti di cessione sconosciuti dallo scrivente ed inefficacia nei confronti di questa Asp». A Cosenza, insomma, di pagare non ne vogliono sapere. Che faranno a Milano?

 

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