Ritardi e inerzia della Cittadella e degli emissari del Governo hanno permesso che i conti inattendibili presentati dall'Azienda passassero per veri. E il fondo rischi sfruttato per far figurare meno perdite resta identico anche quest'anno (ASCOLTA L'AUDIO)
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Il “Sistema Cosenza” era un complesso meccanismo con ingranaggi anche esterni all'Asp bruzia. La pluriennale descrizione mendace dello stato dei conti dell'azienda sanitaria ha trovato infatti sponda nell'inerzia della Regione e nella superficialità dei commissari ad acta inviati dal Governo, come dimostra il loro coinvolgimento nelle indagini della Procura.
I controlli sulla contabilità, infatti, prevedono un rigido iter che non coinvolge esclusivamente i revisori del collegio sindacale dell'Asp – che, peraltro, segnalano da anni problemi finiti nel mirino della Corte dei Conti ben prima che Mario Spagnuolo e i suoi uomini dessero il via all'operazione di ieri – ma anche, appunto, i livelli più alti del sistema sanitario calabrese. I tre consuntivi incriminati – 2015, 2016 e 2017: quelli dal 2018 in poi nessuno dei commissari alternatisi ai vertici dell'Asp ha avuto ancora il coraggio di approvarli – devono passare infatti dal vaglio di Regione e commissario affinché si possa stabilire con esattezza i soldi da stanziare per l'Azienda (e le tasse in più da pagare per i cittadini per ripianare il debito che continua ad accumularsi). E devono farlo con tempistiche ben precise e massima attenzione, emtrambe assenti in questi anni.
Il sonno della Regione legittima mostri
Una volta redatto il bilancio, l'Asp ha due settimane per trasmetterlo alla Cittadella insieme alla relazione dei revisori. Lì il Dipartimento Salute – che comunque dovrebbe monitorare l'andamento dei conti durante l'anno – ha sessanta giorni di tempo da quello in cui ha ricevuto tutti i documenti per fare le sue valutazioni sulla bontà delle scritture contabili. Che poi devono passare dal Commissario affinché questi approvi o bocci i consuntivi in questione. Non rispettare i tempi stabiliti dalla legge si traduce in un silenzio-assenso.
Ed è quello che è accaduto, anno dopo anno. Nel 2017 l'Asp invia in clamoroso ritardo il Bilancio 2015 il 16 febbraio e la Regione lo recepisce il 2 marzo. Poi aspetta fino a dicembre la relazione dei revisori, l'istruttoria quindi dovrebbe chiudersi entro febbraio 2018. Ma questo accade a gennaio 2019. Ed è sempre in quei giorni che si completa l'istruttoria del Bilancio 2016, trasmesso con tutti gli allegati necessari ad agosto 2018. Stavolta il ritardo della Cittadella è di soli tre mesi, sufficienti però a rendere inutile il lavoro fatto. Ma siccome non c'è due senza tre, tutto si ripete anche per il consuntivo 2017: l'Asp lo invia a marzo del 2019, quindi la Regione ha tempo fino a maggio per analizzarlo. Ma inizia a farlo non prima del 4 novembre dello stesso anno. Così i tre bilanci finiscono giocoforza approvati, nonostante appaiano palesemente poco veritieri. Sono questi i reati di cui l'accusa ritiene responsabili i dirigenti regionali Bruno Zito, Vincenzo Ferrari e Antonio Belcastro.
I commissari approvano alla cieca
I ritardi di Asp e Regione, però, non incidono in alcun modo sulle attività dei commissari, che, seppur in assenza di certezze sull'attendibilità dei conti, provvedono di anno in anno a quantificare le somme necessarie a ripianare i debiti basandosi su quelle scritture che sembrano sottostimare in maniera macroscopica le perdite d'esercizio. Lo fa Scura il 21 dicembre del 2017, un giorno prima che la Regione abbia ricevuto il Bilancio completo dall'Asp. Il bis arriva a luglio del 2018, settimane prima che l'Azienda finisca di inviare la documentazione. E siccome non c'è due senza tre - «secondo uno schema ormai collaudato», si legge nell'ordinanza – anche Cotticelli provvede a ripianare le perdite d'esercizio del Bilancio 2017 con un decreto datato 12 dicembre 2019, quando i termini dell'istruttoria sono già decorsi e «in assenza di qualsiasi verifica sull'affidabilità delle poste contabili rappresentate». Per capire il motivo può aiutare l'intercettato Sergio Diego - primo a rifiutarsi di approvare bilanci dopo essersi insediato alla guida dell'Asp - che in una telefonata, commentando le capacità del commissario balzato agli onori delle cronache autunnali dopo le figuracce in tv e il conseguente addio alla Calabria, dice chiaro e tondo che l'ex generale dei Carabinieri è «disarmante», «non si rende conto» delle cose e non capisce un tubo di sanità e bilanci. La Procura di Cosenza non pare voler tener conto dell'inettitudine del predecessore di Guido Longo e ora chiede conto a lui come a Scura di quanto fatto, ritenendo il loro operato illegittimo.
Come nascondere le perdite
Diego, all'ipotesi di dover farsi carico di problemi creati durante la gestione chi lo ha preceduto, è inequivocabile: «Non ho condiviso, non condivido e non condividerò», spiega, atti che scottano, consuntivi in primis. Dentro ci sono crediti inesigibili spacciati per certi, un eterno ricorrere ad anticipazioni di tesoreria, sospesi non regolarizzati per milioni di euro. Il problema, poi, è che da anni per avere più risorse a disposizione e ridurre così le perdite di esercizio il bilancio vede iscritte alla voce relativa al fondo rischi cifre irrisorie rispetto alla mole di cause che l'azienda deve affrontare. Significa che di fronte alla possibilità di dover sborsare ingenti somme per sentenze sfavorevoli che potrebbero arrivare nel corso dell'anno – il valore del contenzioso totale a fine 2017 era di circa 300 milioni, ma sarebbe creciuta ancora parecchio fino ad oggi - l'Asp vincola meno di quanto dovrebbe, senza valutare (come impone la legge) il grado di rischio di soccombenza nei vari processi. L'accantonamento, infatti, dovrebbe dipendere da una valutazione preventiva: è possibile, probabile o quasi certo finire sconfitti in tribunale? Le decine di milioni che non finiscono bloccate nel fondo grazie alla stima al ribasso (se non inesistente) possono tappare altri buchi nella contabilità, riducendo le perdite a fine anno. Nel 2015, secondo gli inquirenti, questo artificio ha permesso di farle passare da quasi cento milioni di euro a poco più di trenta: nel fondo c'erano nove milioni invece di settantacinque. Nel 2016 il guadagno è di ventidue milioni, un anno dopo sono trentacinque. Per la Procura i responsabili della non veridicità dei conti dell'Asp sono Raffaele Mauro, Luigi Bruno, Francesco Giudiceandrea, Aurora De Ciancio e Nicola Mastrota.
A volte ritornano
Quello del 2017, con tutti i suoi problemi, resta l'ultimo bilancio consuntivo approvato, i commissari arrivati dopo Sergio Diego hanno proseguito sulla strada tracciata da lui e non ne hanno hanno mai firmato uno. I preventivi, ovviamente, sì però, a sottoscrivere l'ultimo ha provveduto pochi giorni fa il neo insediato Vincenzo Carlo La Regina. Il fondo per rischi e oneri – suscettibile, certo, di ritocchi in corso d'opera - riportato nel documento ammonta complessivamente a 26 milioni di euro, poco più ricco di quello delle annate finite sott'inchiesta. Nella foto, da sinistra verso destra, ci sono le cifre del 2020, del 2021 e dell'ipotetico consuntivo 2019. Il fondo nel 2017 era di 24 milioni e rotti. Alle tradizioni non si rinuncia.
giuliani@lactv.it