Secondo la procura antimafia di Bologna avrebbe permesso ai clan Piromalli e Mancuso di ripulire denaro sporco attraverso una serie di operazioni finanziarie. Il 35enne di Gioia Tauro si era presentato alla Camera nel collegio di Piacenza
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Collettore di una serie di operazioni economico-finanziarie che avrebbe permesso alla ‘ndrangheta di ripulire soldi sporchi reinvestendoli nel commercio in Emilia Romagna. Con questa accusa è stato arrestato Francesco Patamia, candidato per Noi moderati di Maurizio Lupi alle scorse elezioni nel collegio di Piacenza. Patamia è stato arrestato e si trova in carcere, così come il padre Rocco.
Patamia, 35enne originario di Gioia Tauro e fondatore del partito Europei e Liberali, è stato destinatario insieme ad altre 22 persone di una ordinanza di custodia cautelare emessa dalla procura antimafia di Bologna e che ha come punto di riferimento le infiltrazioni della ndrangheta in Emilia Romagna e soprattutto sulla riviera adriatica.
Tre le persone coinvolte nell’inchiesta anche professionisti che, secondo l’accusa, sarebbero legati alla criminalità organizzata calabrese. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta, estorsioni, violenza e minacce.
L’inchiesta, secondo quanto riportato da Repubblica, sarebbe partita da una segnalazione su alcune operazioni sospette e acquisizioni di locali in un comune romagnolo. A lanciare l’allarme sarebbe stato il sindaco che ha riferito dagli inquirenti i sospetti di alcuni cittadini. Al vaglio degli inquirenti sono finiti flussi di denaro, dichiarazioni di pentiti e le intercettazioni di alcuni indagati.
Sotto la lente di ingrandimento degli investigatori è finito anche Patamia, diventato nel giro di pochi anni manager e consulente di diverse imprese multinazionali.