Il procuratore della Dda è intervenuto in conferenza stampa in merito all'operazione che stamane ha portato all’arresto di 12 persone: «Tutto avveniva attraverso estorsioni e imposizioni di assunzioni»
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«Dalle indagini della polizia giudiziaria è stato consentito di ricostruire uno spaccato di ‘ndrangheta all’interno della città, nella periferia della città che vede come protagonisti soggetti già condannati per fatti di ‘ndrangheta e che hanno ripreso la gestione del controllo del territorio attraverso le modalità puramente 'ndranghetiste». Così il procuratore della Dda di Reggio Giovanni Bombardieri, nel corso della conferenza stampa sul blitz anti ndrangheta che stamane ha portato all’arresto di 12 persone nel quartiere di Arangea.
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«Sono state registrate interlocuzioni con altre cosche di ‘ndrangheta della stessa area – ha aggiunto il magistrato – Stiamo parlando di soggetti che sono riferibili ai livelli apicali della cosca Ficara-Latella e della cosca di Ficarelli. Ci sono interlocuzioni registrate capitate nel corso dell’indagine dei carabinieri che fanno riferimento alle doti di ‘ndrangheta e alle qualifiche ricoperte dai vari soggetti, fino alla possibilità per i soggetti di battezzare altri soggetti e altri sodali. Figure di primo piano che non tralasciavano nulla in relazione al controllo del territorio. Ci sono tutta una serie di conversazioni anche di Nico Palumbo, che pur mantenendo il controllo di tutta una serie di attività illecite, assumeva un profilo defilato. La cosa conferma quanto già emerso in precedenti investigazioni di ‘ndrangheta, cioè la puntualità del controllo del territorio attraverso estorsioni, attraverso imposizioni di assunzioni, quindi tutta una serie di elementi che purtroppo ci confermano come ancora pur nonostante condanne intervenute, espiazioni di pene intervenute ancora oggi vi è il controllo di parte del territorio reggino da parte della ‘ndrangheta».
Secondo il procuratore aggiunto Walter Ignazitto «questa indagine ci restituisce un ritorno al passato e un ritorno anche a certe ortodossie della tradizione di ‘ndrangheta. Ci sono intercettazioni in cui gli indagati parlano esplicitamente del banco nuovo. Quindi della ricostituzione delle cariche, della locale che tutti conosciamo perché ormai sentenze passate in giudicato ci hanno cristallizzato determinati dati. E c’è una costante evocazione di quelli che sono gli equilibri, le spartizioni anche territoriali successive alla seconda guerra di ‘ndrangheta, che torna prepotentemente anche perché diversi tra i soggetti che oggi sono stati raggiunti da misura cautelare hanno fatto quella guerra di ‘ndrangheta. Questa indagine è la prosecuzione eh in qualche modo eh del eh procedimento cosiddetto Metameria. In alcune intercettazioni si menzionavano tutta una serie di personaggi che poi sono stati alcuni di quelli che sono stati arrestati in questo procedimento e si discuteva dell’esigenza di risedersi ad un tavolo. Certo, è una ‘ndrangheta che si adegua anche da un punto di vista terminologico lessicale alla nuova dimensione perché se da un lato si parla delle doti e delle cariche del passato dall’altro c’è un linguaggio un po’ alla Harry Potter perché per esempio uno degli indagati a un certo punto si vanta di essere stato qualificato come purosangue in quanto proveniente da una famiglia di ‘ndrangheta di vecchio lignaggio. Emerge un asfissiante controllo del territorio perché persino quando si tratta di ricostituire le facciate». Continua a leggere su Il Reggino