Colpiti capi storici, elementi di vertice e affiliati ai clan operanti nella città dello Stretto ritenuti responsabili di associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi
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Sono 21 le ordinanze di custodia cautelare in carcere (QUI I NOMI) emesse nell'ambito di una vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Reggio Calabria.
Destinatari capi storici, elementi di vertice, luogotenenti e affiliati alle potenti cosche della ‘ndrangheta De Sefano-Tegano e Libri operanti nella città di Reggio Calabria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, diverse estorsioni in danno di imprenditori e commercianti, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa.
Gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, coadiuvati dagli operatori dei Reparti Prevenzione Crimine e di altre Squadre Mobili del Sud, Centro e Nord Italia, stanno eseguendo anche numerose perquisizioni e alcuni sequestri di aziende. Impiegati circa 200 agenti della Polizia di Stato.
“Malefix” è il nome che gli investigatori della Polizia di Stato hanno dato all’operazione grazie alla quale è stato documentata l’esistenza e l’operatività delle cosche Sefano-Tegano e Libri in posizione di preminenza nella città di Reggio Calabria e forniscono uno spaccato di rara chiarezza sulle gravi frizioni registratesi in seno al sodalizio criminale De Stefano-Tegano e tra quest'ultima e quella dei libri rispetto alla spartizione degli ingenti proventi delle attività estorsive poste in essere in danno di operatori economici e commerciali del centro cittadino di Reggio Calabria.
Il tentativo di scissione dei Molinetti dai De Stefano-Tegano
Attraverso il monitoraggio dei summit di ‘ndrangheta, gli investigatori della Polizia di Stato hanno ricostruito le dinamiche criminali che regolano il funzionamento del locale di Archi e il tentativo di scissione della famiglia facente capo a Luigi Molinetti dalla casa madre dei De Stefano storicamente egemone anche nel centro della città di Reggio Calabria.
La volontà di Gino Molinetti e dei suoi figli di rendersi autonomi dai De Stefano trovava le sue ragioni nel malcontento del gruppo familiare del Molinetti, consistente nella iniqua spartizione dei proventi estorsivi, nel mancato riconoscimento di avanzamenti gerarchici all’interno della organizzazione mafiosa, nella mancata elargizione di prebende che pretendevano in virtù degli anni di fedeltà e dedizione alla cosca, nell’avversione alle pretese espansionistiche dei Molinetti sul locale di Gallico.
Il timore che i dissidi con Luigi Molinetti potessero degenerare in una scissione dagli esiti incerti e pericolosi, induceva i fratelli Carmine e Giorgio De Stefano a investire della delicata questione Alfonso Molinetti, fratello di Luigi, ritenuto uno dei loro alleati più fedeli.
I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11.00 presso la sala conferenze della Questura di Reggio Calabria, alla presenza del Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, del Direttore Centrale Anticrimine Francesco Messina, del Questore di Reggio Calabria Maurizio Vallone e del Direttore Centrale Operativo Fausto Lamparelli.
Attriti tra le cosche
L’inchiesta della Dda di Reggio Calabria ha portato alla luce i forti attriti tra le cosche De Stefano-Tegano e Libri. Dalle attività tecniche è emerso che ciascuna consorteria raccoglieva le estorsioni secondo prassi che non tenevano conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le cosche di riferimento sul territorio. Antonio Libri, che aveva assunto le redini dell’omonima cosca dopo l’arresto dei capi, aveva saputo che - in occasione delle festività natalizie del 2017 - era stata raccolta da Carmine e Giorgio De Stefano una consistente somma di denaro (nell’ordine di alcune migliaia di euro), senza che nulla venisse corrisposto ai Libri. L’episodio estorsivo riguardava un noto imprenditore reggino della ristorazione, titolare anche di alcuni locali di intrattenimento.
Di questo fatto Antonio Libri aveva informato Orazio Maria De Stefano, esponente di vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta nonché altri esponenti della famiglia federata dei Tegano, con alcuni dei quali organizzava un summit perdefinire nuove e congiunte prospettive di profitto attraverso l’innovazione delle modalità operative estorsive ai danni degli operatori economici e la formazione di un gruppo misto costituito da appartenenti alle due distinte consorterie, una sorta di commissione tecnica con l’obiettivo di evitare sovrapposizioni e fraintendimenti e provvedere ad un efficiente sistema di rastrellamento estorsivo lungo tutto l'asse del centro cittadino di Reggio Calabria in danno delle attività economiche, organizzando anche l'imposizione intimidatoria delle assunzioni da parte dei gestori di attività.