C'è anche un furto ai danni di una mensa per poveri tra i reati contestati alle persone arrestate nell'ambito dell'operazione Gazze Ladre scattata questa mattina a Cosenza. Destinatari di misura cautelare complessivamente di 17 persone, di cui 13 sottoposte agli arresti domiciliari e 4 all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

I reati contestati

Numerosi gli episodi contestati nel provvedimento (fra cui appunto il furto ai danni di una mensa per poveri) che concerne un tentato furto con strappo, 9 episodi di furti e ricettazioni di veicoli (di cui 3 furgoni e 6 autovetture), seguiti da 6 estorsioni consumate per la restituzione dei mezzi, 9 furti aggravati commessi ai danni di istituti scolastici, strutture sportive, depositerie di pullman, associazioni di beneficenza, nonché numerose cessioni di sostanze stupefacenti, tutti fatti perpetrati da novembre 2018 a settembre 2019.

L'indagine

L’indagine – avviata dai militari dalla Stazione di Cosenza Principale e coordinata dalla locale procura, è stata condotta a seguito del furto di un’autovettura successivamente utilizzata per effettuare una rapina nella clinica “San Bartolo” a Mendicino (Cs), nel corso della quale 3 malviventi, con il volto travisato da passamontagna e armati di pistola, avevano preso la somma di circa 10.000 euro. Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, attivate nell’immediatezza dei fatti, non permisero di individuare i responsabili di quella rapina ma consentirono di far luce su numerosi e gravi reati, commessi da più persone, molte delle quali con precedenti penali e di polizia, che operavano nell’area urbana di Cosenza.

Il tentato scippo

L’attività investigativa messa in atto, fin dall’inizio, ha permesso di individuare due persone che stavano pianificando uno scippo ai danni di un’imprenditrice edile di Cosenza, la quale si recava in alcuni giorni della settimana in una banca del capoluogo bruzio per versare gli introiti della sua azienda. L’azione delittuosa non è stata mai portata a termine solo grazie alla presenza dei Carabinieri intervenuti nei pressi della filiale bancaria al fine di evitare il colpo. Lo scippo era stato pianificato da parte degli indagati con minuzia di particolari, attraverso dettagliati sopralluoghi andati avanti per oltre un mese.

 

Il giorno designato, gli indagati sali rono a bordo di una moto con targa contraffatta, indossando caschi integrali e seguendo la vittima designata fino ad un attimo prima di entrare in azione. Ma resisi conto della presenza di alcuni militari in borghese, che facevano parte di un corposo dispositivo messo in atto dall’Arma al fine di garantire la sicurezza dell’imprenditrice, desistirono all’ultimo momento. Da qui la complessa attività investigativa, fondata principalmente su intercettazioni telefoniche ed ambientali, allargatasi su un più ampio numero di soggetti, che ha consentito di documentare le dinamiche interne di un collaudato gruppo criminale, composto in gran parte da soggetti di etnia rom, operante all’interno del cosiddetto “Villaggio degli Zingari”, specializzato in furti di auto ed estorsione.

I furti di auto

In particolare, sono stati ricostruiti, con dovizia di particolari, 9 episodi di furti e ricettazioni di veicoli, di cui 3 furgoni e 6 autovetture, seguite da altrettante estorsioni. A differenza di quanto appurato nell’indagine “Gipsy Village”, dello scorso 14 luglio, dove i fermati contattavano direttamente i proprietari, sul luogo del furto o telefonicamente da cabine telefoniche, per concordarne la restituzione dietro pagamento di denaro, nell’operazione “Gazze Ladre” gli indagati, dopo aver trafugato i veicoli, attendevano che venissero contattati dalle vittime che si recavano direttamente al cosiddetto “villaggio degli zingari”, per ottenere la restituzione dell’autovettura, dietro la corresponsione di una somma di denaro che variava da 300 a 2.500 euro.

 

Gli indagati intimorivano le vittime con la minaccia di distruzione dell’autovettura qualora non venisse corrisposta la somma di denaro richiesta per la restituzione. I furti di autovetture, compiuti in orario diurno o al massimo serale, ma mai di notte, venivano organizzati con minuzia di particolari e sistematicità, al punto che da una intercettazione ambientale è emersa addirittura l’esistenza di una “lista” di auto da rubare.

Come emerge da un passaggio dell’ordinanza del gip del Tribunale di Cosenza, alla segnalazione di uno dei malviventi di prendere una Fiat Punto, l’altro rispondeva: “Sulla lista abbiamo una Multipla, dobbiamo prendere la Multipla! … poi domani è un altro giorno”. Gli indagati “pattugliavano” per ore le vie di Cosenza e Rende e, una volta individuato il veicolo giusto, riuscivano a rubarlo in soli tre minuti, grazie all’utilizzo di centraline che collegate al quadro elettrico del veicolo ne consentivano l’accensione, rendendo pertanto impossibile un qualunque intervento delle Forze dell’Ordine.

 

Le auto rubate venivano quindi portate, in tutta fretta, al “Villaggio”, dove venivano perquisite e svuotate di tutto il materiale utile, venendo poi spostate, con un'auto “staffetta” che le precedeva, pronta a segnalare eventuali posti di blocco, in vie secondarie della città dove venivano parcheggiate in attesa di essere restituite ai legittimi proprietari a seguito del pagamento di una somma di denaro.

 

L’attività investigativa avrebbe permesso pure di riscontrare numerosi furti commessi all’interno di istituti scolastici, cantieri edili, depositerie di autobus, strutture sportive ricadenti nei Comuni di Cosenza, Rende e dell’hinterland cosentino. Gli episodi registrati hanno per lungo tempo destato grave allarme sociale per il tipo di beni sottratti e per la violenza commessa sulle cose. Gli indagati, infatti, dopo aver raggiunto la loro meta, grazie all’aiuto del navigatore satellitare, indossavano i guanti e, attrezzati di tutto punto, quali piede di porco, cacciavite, martello, pinza, piccone, facevano ingresso all’interno delle strutture interessate, dopo aver forzato le porte di ingresso. A questo punto, i malfattori razziavano tutto quanto era possibile portare via, rivendendo subito dopo ad alcuni ricettatori di fiducia - uno dei quali destinatario delle misure cautelari di oggi - la stessa notte in cui compivano il furto. Allarmante la disponibilità di armi improprie (in primis il piccone), che gli indagati portavano con sé, per loro stessa ammissione, non solo perché utili a forzare eventuali ostacoli, ma anche per “tirarli in testa” ad eventuali custodi. Dall’interno delle scuole venivano sottratti principalmente i PC con i quali gli alunni svolgevano attività di laboratorio multimediale, creando notevole disagio sia allo svolgimento delle lezioni sia un ingente danno economico agli istituti scolastici vista la perdita di materiale costoso.

Il furto ai danni di una mensa per poveri

Un furto particolarmente odioso commesso da due degli indagati è quello verificatosi ai danni di una mensa per indigenti di Cosenza, gestita da alcuni volontari che cucinano pasti per persone in difficoltà. I ladri riuscirono a  rubare tutta l’attrezzatura della cucina, comprensiva di un bollitore ed una friggitrice avente un valore di circa 2.000 euro, e a causare ingenti danni all’immobile, con la rottura delle tubature dell’acqua che provocavano l’allagamento dei locali.

Spaccio di droga 

Per ciò che concerne l’attività di spaccio, nel corso delle attività tecniche sono emerse diverse cessioni di cocaina, commesse da alcuni degli indagati, tra i quali, un poliziotto in servizio alla Prefettura di Cosenza che fu arrestato dalla squadra mobile per detenzione abusiva di arma da fuoco.