Due presunti spacciatori disposti a ricorrere a un prestito per non incorrere nell’ira del capoclan. Il pentito Greco prova a mediare per evitare che la situazione degeneri
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Non solo in Testa di Serpente e Reset, anche in Recovery, inchiesta della Dda di Catanzaro contro la ‘ndrangheta di Cosenza, emerge nitidamente il ruolo di Roberto Porcaro nel traffico di droga e soprattutto nelle estorsioni derivanti dal mancato pagamento della sostanza stupefacente. Somme comunque considerevoli che avevano innervosito l’allora “reggente” del clan degli italiani e il suo braccio destro Francesco Greco, oggi collaboratore di giustizia. Porcaro, soprattutto, è solito ricorrere a metodi spicci per riscuotere i propri crediti.
Nella nuova indagine, inoltre, si rileva anche un dato già evidenziato dalla network LaC nell’inchiesta sul carcere di Catanzaro. In quel caso i magistrati hanno contestato il narcotraffico e l’introduzione in carcere di telefonini destinati ai detenuti, ma avevano anche cristallizzato il fatto che il cosiddetto “Gruppo Porcaro”, era composto da persone diverse da quelle ritrovate in “Testa di Serpente“. Un mutamento continuo, insomma.
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Vendere auto e moto e stipulare un finanziamento
Nel caso dell’estorsione contestata dai pm Cubellotti e Valerio, Roberto Porcaro intende recuperare in tutti i modi la somma di circa 20mila euro. I debitori sono due fratelli, già noti alle cronache cittadini che nel luglio del 2018 erano stati arrestati perché trovati in possesso di due chili di “fumo” e qualche grammo di cocaina. Sei giorni dopo una delle parti offese si sarebbe recato a casa del collaboratore di giustizia Francesco greco per parlare della cosa al fine di chiedere la sua intermediazione con Porcaro. Il boss, rilevano gli investigatori, era nervoso.
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Il ragazzo di Cosenza, infatti, conta sull’appoggio di Greco, al quale dice: «”Adesso … posso stare tranquillo che te la vedi tu? Mi aiuti per questa volta…”» e il pentito, assumendo secondo la Dda il ruolo di mediatore risponde: «”Si . . te la vedi con me … “; “basta che lo fai”», riferendosi al finanziamento che avrebbe inteso fare la parte offesa per dare i soldi a Porcaro, estinguendo così il debito pure mediante la vendita di un’auto e di un motociclo.
Una curiosità, infine. In questa vicenda gli investigatori apprendono anche che Porcaro, oltre ad essere chiamato da Patitucci “Te Piasse“, viene identificato dai suoi presunti sodali anche con il soprannome di “Beverly“. Per il gip sussiste sia la gravità indiziaria che l’aggravante del metodo mafioso.