I finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro hanno eseguito un'operazione coordinata e diretta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro per l'esecuzione di 10 ordinanze cautelari e il sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 50 milioni di euro nei confronti di alcuni imprenditori catanzaresi e dei loro prestanome. Sono 16 complessivamente gli indagati.

Gli indagati

Secidi in totale gli indagati: Antonio Lobello, Daniele Lobello, Giuseppe Lobello, Marika Lobello, Antonio Capellupo, Pietro Garcea, Vitaliano Furciniti, Francesco Iiritano, Gaetano Oliveti, Giuseppe Rotella, Francesca Rotella, Domenico Rotella, Pasquale Torchia, Vincenzo Pasquino, Pasquale Vespertini e Anna Rita Vigliarolo.

Dieci di loro sono stati sottoposti a misura cautelare: Giuseppe Lobello (50) è stato condotto in carcere, mentre ai domiciliari sono stati posti Antonio Lobello (71), Daniele Lobello (46), Francesco Iiritano (30), Domenico Rotella (42), Anna Rita Vigliarolo (43) e Vincenzo Pasquino (59). Sono stati sottoposti alla misura interdittiva del divieto temporaneo a esercitare la professione di ragionieri/consulenti/commercialisti per un anno Pasquale Torchia (43), Pasquale Vespertini (38) e Vitaliano Maria Fulciniti (43).

Indagini e accuse

L’indagine denominata Coccodrillo, diretta dalla Dda di Catanzaro e condotta dal Gico della guardia di finanza del capoluogo di regione, ha evidenziato un grave quadro indiziario a carico degli imprenditori catanzaresi Antonio Lobello, Giuseppe Lobello e Daniele Lobello, in ordine a plurimi reati di intestazione fittizia di beni, realizzati attraverso un sistema di società, formalmente intestate a terzi, e tuttavia dagli stessi controllate e gestite, e ciò al fine di sottrarre il proprio patrimonio aziendale all’adozione di prevedibili misure di prevenzione antimafia.

Gli imprenditori nutrivano il concreto timore circa l’adozione di prevedibili misure ablative di prevenzione che riguardassero le società del gruppo, essendo emersi, più volte, a livello giudiziario, i loro rapporti con cosche ‘ndranghetiste, tanto che talune loro società sono state attinte da interdittive antimafia emesse dalla prefettura di Catanzaro (Cal.bi.in. srl., Cantieri edili - iniztaiva 83 s.r.l. e Strade sud srl).

Con la medesima ordinanza cautelare è stato disposto, altresì, il sequestro preventivo delle società, di fatto riconducibili ai tre imprenditori, e oggetto di intestazioni fittizie, Strade sud srl, Trivellazioni speciali srl, Consorzio stabile Zeus, Consorzio stabile genesi, tutte operanti nel comparto dell’edilizia pubblica e privata e aggiudicatarie di numerosi appalti pubblici, nonché della società Marina cafè srls. operante nel settore della ristorazione.

Le investigazioni, che si sono avvalse anche delle plurime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e di esiti intercettivi, hanno evidenziato, oltre al legame mantenuto nel tempo dalla famiglia Lobello con il clan Mazzagatti di Oppido Mamertina, anche il rapporto con il clan Arena di Isola Capo Rizzuto e altre cosche del crotonese, tra cui quella riconducibile a Nicolino Grande Aracri.

In particolare, secondo quanto si è appreso, uno degli indagati, l'imprenditore Giuseppe Lobello, di 50 anni, sarebbe stato legato alla cosca di 'ndrangheta degli Arena di Isola capo Rizzuto, per conto della quale avrebbe fatto da intermediario con alcuni imprenditori sottoposti ad estorsione per lavori svolti nel catanzarese, raccogliendo anche il denaro dalle vittime per consegnarlo, in date stabilite, ai vertici del clan.

Detta opera di intermediazione e lo stretto legame con gli esponenti della cosca Arena e con altre consorterie operanti sulla fascia ionica-catanzarese, avrebbe garantito alle imprese del Gruppo Lobello una posizione dominante nell’esecuzione di lavori edili e forniture di calcestruzzo su Catanzaro e provincia, nonché la protezione da interferenze estorsive di altri gruppi criminali, quale imprenditore “intoccabile”.

A Giuseppe Lobello, nei cui confronti è stata disposta la custodia cautelare in carcere, è stato, per ciò, contestato anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, oltre ai reati contestati agli altri suoi congiunti.
Sono stati disposti, infatti, gli arresti domiciliari nei confronti di Lobello Antonio e Lobello Daniele, rispettivamente padre e fratello di Giuseppe, per i reati di trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio, e la stessa misura cautelare è stata disposta nei confronti di quattro soggetti, tra dipendenti del Gruppo Lobello e intestatari fittizi delle società.

Dalle indagini è emerso, anche, un episodio di estorsione nei confronti di un lavoratore dipendente costretto ad auto licenziarsi contro la sua volontà da una società fittiziamente intestata a un prestanome, per incomprensioni sorte sul luogo di lavoro con i familiari di Giuseppe Lobello.

Sono state disposta, altresì, le misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare, per la durata di un anno, le attività di ragionieri, consulenti e commercialisti, nei confronti di tre ragionieri del Gruppo Lobello, per il reato di favoreggiamento.