L’ex commissario per l’emergenza Covid voleva essere giudicato ma non c’è più tempo. L’ex pm invece potrebbe ottenere la cancellazione dei due patteggiamenti. Ecco come
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I casi di due calabresi sono utili a evidenziare le conseguenze dell’approvazione della riforma voluta dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Domenico Arcuri, ex commissario per l’emergenza Covid, e Luca Palamara, ex presidente dell’Anm guardano da posizioni opposte la trasformazione del ddl in legge dello Stato.
Paradosso Arcuri: non sarà giudicato (anche se avrebbe voluto)
Arcuri si trova in una situazione paradossale: se è vero, infatti, che la cancellazione dell’abuso di ufficio salverà migliaia di condannati è altrettanto vero che "condannerà" anche, loro malgrado, presunti innocenti.
È proprio questo il paradosso in cui è finito Arcuri, che è sotto inchiesta a Roma con l’accusa di aver favorito una società nell’acquisto di mascherine durante l’emergenza Covid. Accusa: abuso d’ufficio. Peraltro sostenuta (politicamente) dall’attuale maggioranza di governo. «Arcuri ha intrattenuto rapporti con personaggi che, nel pieno della pandemia e con sovrano disprezzo per le morti e i malati, si sfregavano le mani e facevano affari milionari», diceva il sottosegretario Delmastro.
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Delmastro ha votato la legge che non consentirà che Arcuri venga processato. Una situazione che non sta bene neppure all’ex commissario, che si è sempre detto innocente e avrebbe voluto sottoporsi al giudizio in fretta, proprio per paura dell’abrogazione del reato. Per questo il 15 settembre scorso aveva chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. I tempi, però, si sono allungati e, dopo la richiesta di condanna del pm Gennario Varone, che ha invocato un anno e due mesi, la sentenza non è arrivata. Nell’udienza prevista in autunno il tribunale dovrà ritenere decaduta l’accusa perché non esiste più la fattispecie di reato. E nessun giudice potrà dire se Arcuri era innocente. O colpevole come sosteneva parte del governo che ha cancellato il reato di cui era accusato.
I due patteggiamenti di Palamara verso la cancellazione
Non c’è soltanto l’abuso d’ufficio tra i reati “toccati” dalla riforma Nordio che attua una revisione del traffico di influenze, introdotto dalla riforma Severino.
La nuova riformulazione consentirà a chi ha ricevuto una condanna di vedersela cancellare. Potrebbe essere il caso di Luca Palamara, ex pm reggino che in passato ha avuto un importante ruolo nell’Associazione nazionale magistrati e un peso notevole nel determinare le nomine del Csm. Palamara ha patteggiato due condanne per traffico di influenze, per un totale di un anno e quattro mesi. Secondo l’accusa ripercorsa da Repubblica l’allora pm romano avrebbe favorito il suo amico imprenditore Fabrizio Centofanti che in lunghi verbali aveva raccontato di essersi messo a disposizione del magistrato per poi ottenere favori e protezioni. Per questo motivo l’ex pm - che però si era sempre detto innocente - aveva patteggiato a un anno.
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Palamara era accusato poi di aver messo «le sue funzioni e i suoi poteri» a disposizione di altro due imprenditori, Federico Aureli e Leopoldo Manfredi Ceglia: tra le accuse c’erano quelle di aver ricevuto anche alcuni aiuti, tra cui «la possibilità di essere socio occulto della Kando Beach», uno stabilimento balneare di Olbia. Tutto questo, grazie alla nuova legge potrebbe essere cancellato.