Nei giorni scorsi perquisizioni negli uffici del municipio presilano, in studi professionali e legali. Il Tribunale del Riesame sottolinea la «carenza motivazionale» del provvedimento
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Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha annullato tre decreti di sequestro probatorio, emessi dalla Procura di Catanzaro, nell'ambito di una inchiesta avviata su presunti illeciti avvenuti al Comune di Sorbo San Basile, nella provincia di Catanzaro.
Nei giorni scorsi agenti della Digos e militari della compagnia carabinieri di Soveria Mannelli aveva eseguito una serie di perquisizioni nell'ufficio del sindaco, Vincenzo Nania, e negli studi professionali di imprenditori e avvocati, indagati a vario titolo per i reati di falsità ideologica e materiale, abuso d'ufficio, corruzione e turbata libertà degli incanti in relazione all'affidamento di appalti e incarichi professionali.
Oggi il Tribunale del Riesame di Catanzaro, ha annullato i decreti di sequestro probatorio sulla scorta di «carenza motivazionale in ordine al fumus commissi delicti». In particolare, scrivono i giudici nel decreto impugnato dai legali, è «omessa l’indicazione, anche sommaria, delle condotte contestate che non consente l’ulteriore sindacato dal parte del Tribunale del Riesame, sulle ragioni del vincolo e sulla sussistenza della pertinenzialità dei beni in sequestro rispetto ai reati contestati, o se i beni siano corpo di reato o cose pertinenti al reato per cui si procede».
A finire sotto la lente della Procura, in particolare, l'esecuzione di alcuni lavori nel comune presilano e l'affidamento di gare d'appalto; coinvolti nell'inchiesta il sindaco dimissionario, Vincenzo Nania, gli imprenditori Maurizio e Attilio Riccelli, Elisabetta Maida, Danilo Lacroce, Francesco Mazza e Marco Levato. Indagati anche gli avvocati Giuseppe Pitaro e Gaetano Liperoti per i reati di corruzione e turbata libertà degli incanti in ordine all'ottenimento di incarichi legali al Comune di Sorbo San Basile.
Annullati i decreti di sequestro emessi nei confronti del sindaco Vincenzo Nania, difeso dagli avvocati Luigi Combariati e Francesco Iacopino, dell’architetto Francesco Mazza, difeso dall’avvocato Antonio Lomonaco, e dell’imprenditore Maurizio Riccelli, difeso dall’avvocato Antonio Ludovico, disponendo la restituzione dei beni.