Nel corso della notte il depuratore sito a Bisignano smetteva di funzionare ed attraverso una condotta alternativa, con il quale si bypassava l'impianto, i dipendenti della Consuleco sversavano nel fiume Mucone, senza alcun trattamento preventivo, i rifiuti industriali provenienti dagli stabilimenti di mezzo Paese, tra cui anche l'Ilva di Taranto. È questo quanto emerge dall'operazione Arsenico scattata all'alba in provincia di Cosenza. 

Gli indagati nell'operazione Arsenico

Per il reato di inquinamento ambientale il Gip del tribunale di Cosenza, su richiesta della Procura, ha emesso due ordinanze cautelari dell'obbligo di dimora, nei confronti di Vincenzo Morise, 72 anni, e del figlio Nicodemo di 41, rispettivamente amministratore e direttore della Consuleco srl, la società proprietaria dello stabilimento, tra i più grandi d'Italia, situato nel territorio del comune di Bisignano, adesso posto sotto sequestro. Indagati anche 12 dipendenti della società. Devastato l'ecosistema della zona, dove insistono anche attività agricole per la produzione e la distribuzione di ortofrutta.

Rifiuti tossici nei fiumi calabresi

Le indagini, coordinate dal Procuratore capo Mario Spagnuolo e dal sostituto Giuseppe Cozzolino, avviate nel maggio del 2018 su segnalazione di alcuni cittadini residenti nell'area interessata dall'inquinamento, sono state condotte congiuntamente dal Nipaaf Carabinieri Forestale di Cosenza, guidato dal maggiore Adolfo Mirabelli, e dalla Compagnia dei Carabinieri di Rende, agli ordini del comandante Sebastiano Maieli, con la supervisione di Piero Sutera e Vincenzo Perrone, ai vertici dei comandi provinciali della Benemerita e del gruppo forestale.

Il quadro indiziario è caratterizzato non soltanto dai rilievi analitici condotti sulle acque del Mucone a monte e poi a valle del depuratore, dove i valori delle sostanze tossiche erano nettamente superiori alla norma, ma anche da numerose intercettazioni da cui emergono le illecite direttive impartite dai vertici dell'azienda ai dipendenti che materialmente si rendevano responsabili del reiterato sversamento nel fiume Mucone di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi, provenienti da numerosi siti industriali ubicati in Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia e Calabria, non correttamente trattati e depurati.

Oltre 100 prelievi dal fiume Mucone

102 i prelievi effettuati nel corso d'acqua, in prossimità dello scarico ed a diverse altezze delle condotte fognarie e dell’impianto di trattamento rifiuti liquidi. Dai campioni esaminati con il supporto dell’Arpacal, sono emersi livelli altissimi di elementi inquinanti, con concentrazioni anche superiori di 40mila volte rispetto al limite di legge. Le ispezioni condotte dai carabinieri sulle sponde del fiume hanno poi consentito di evidenziare una coltre di schiuma torbida e scura che si estendeva sino a valle, nonché odori nauseabondi ed irritanti.

I profitti della Consuleco

La sottrazione dei rifiuti industriali al corretto, ma molto costoso, processo di smaltimento, consentiva alla Consuleco di massimizzare i profitti a livelli spaventosi, nell'rdine di decine di mioni di euro. I militari dell’Arma hanno inoltre eseguito perquisizioni e sequestri di materiale probatorio, nei siti industriali ubicati nei Comuni di Taranto, Brindisi, Viggiano (Potenza), Motta S. Anastasia (Catania), Gela (Caltanissetta), Crotone, Lamezia Terme, Corigliano-Rossano (Cosenza) e Celico (Cosenza), siti che, sulla base di regolari contratti, conferivano i rifiuti presso la Consuleco di Bisignano.

Sequestrato il depuratore industriale 

Mentre il depuratore industriale è stato chiuso, quello fognario comunale è rimasto attivo per assicurare la continuità del processo depurativo, sotto la vigilanza di un custode giudiziario.