Sospeso nel capoluogo l’uso del software Giustizia: in programma un incontro con le camere penali del distretto per disciplinare il deposito degli atti degli avvocati. Proseguono le interlocuzioni col Ministero per risolvere il problema
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Anche il Tribunale di Catanzaro, come molti altri in Italia, ha sospeso l’uso dell’app Giustizia. In Calabria una decisione simile è stata presa dal Tribunale di Reggio: dunque, si torna al cartaceo per quanto riguarda, al momento, gli atti interni, ovvero quelli depositati dai magistrati. Così è stato disposto dal presidente vicario del Tribunale di Catanzaro, Francesca Garofalo, che si sta occupando del problema. L’app, al momento, è stata sospesa fino al 31 marzo. Nel frattempo è in programma un incontro con le camere penali del Distretto per disciplinare il deposito degli atti degli avvocati. E, inoltre, si continuerà ad interloquire con il ministero della Giustizia per cercare di far fronte al problema.
In riva allo Stretto la presidente del Tribunale Maria Grazia Arena ha spiegato che il nuovo software ha creato grosse difficoltà e non si può rischiare la nullità di processi. Così ieri ha firmato il decreto che consentirà a pm e avvocati di redigere e depositare gli atti con modalità analogiche e non telematiche fino al 31 marzo.
Secondo la riforma voluta dal guardasigilli Carlo Nordio, fra Natale e Capodanno si sarebbe dovuto estendere il sistema telematico a quasi tutto il processo penale. Un grosso problema è stato riscontrato, però, nel software che dovrebbe governare la transizione dal cartaceo al telematico. La sperimentazione fallimentare è stata rilevata negli Uffici giudiziari dove magistrati, cancellieri e personale amministrativo hanno denunciato malfunzionamenti. I Tribunali hanno cominciato, uno dopo l’altro, a sospendere l’uso del software, compreso quello di Catanzaro. È di oggi una mail del ministro che prende atto del problema e invita gli Uffici a uniformarsi in attesa di tempi migliori.
Un software «inidoneo»
Già lo scorso 11 dicembre, in una relazione del Consiglio superiore della magistratura, che aveva messo all’opera una commissione tecnica, si parlava di software «inidoneo».
Le procedure, piuttosto che semplificarsi, si sarebbero complicare al punto da ingolfare il lavoro più che snellirlo.
«Malgrado le numerose criticità rilevate – scrive l’Associazione nazionale magistrati – da pressoché tutti gli uffici chiamati alla sperimentazione del sistema, si è proceduto non prendendo in adeguata considerazione la scarsità di risorse e di infrastrutture tecnologiche dei tribunali. Si agisce come se gli uffici fossero stati, tutti e da tempo, dotati di postazioni pc con accesso ad App, nelle aule d’udienza e nelle camere di consiglio. Si opera come se il personale amministrativo e giudiziario fosse stato dotato di una idonea struttura di assistenza per la immediata gestione delle criticità. E tali rilievi sono soltanto alcuni di quelli formulati dal Csm, di cui il Ministero ha tenuto conto in minima parte».