Festeggiamenti senza cittadinanza quest'anno all’interno della sede dello Squadrone eliportato Cacciatori Calabria. Il comandante provinciale Capece: «Sentiamo forte il legame con questo territorio, memori del commovente riconoscimento tributatoci all’indomani della storica operazione Rinascita-Scott»
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Nel rigoroso rispetto delle norme per il contenimento del contagio da Covid-19, anche l’Arma dei Carabinieri rinuncia alla propria parata per celebrare il 206° Annuale della Fondazione. In luogo della tradizionale cerimonia in presenza della cittadinanza e delle autorità civili, militari, religiose e giudiziarie, si è tenuta una composta e solenne deposizione di una corona per omaggiare i caduti dell’Arma dei Carabinieri, da parte del prefetto di Vibo Valentia, Francesco Zito, accompagnato dal comandante provinciale dei Carabinieri, Bruno Capece.
L’intervento del comandante provinciale
La sobria cerimonia si è tenuta all’interno della caserma Luigi Razza, davanti alla sede dello Squadrone eliportato Cacciatori Calabria. «È la prima volta nella storia del Dopoguerra che l’Arma celebra la propria fondazione senza l’abbraccio affettuoso della popolazione, alla quale è da sempre vicina, anche grazie alla capillarità dei suoi Comandi di Stazione – ha detto il colonnello Capece -. Sentiamo comunque forte il legame con questo territorio e con questa meravigliosa gente, memori del commovente riconoscimento tributatoci il 24 dicembre scorso, all’indomani della storica operazione Rinascita-Scott. Anche in questo periodo di emergenza non abbiamo tradito il mandato e l’appello rivoltoci da questa popolazione meravigliosa e desiderosa di riscatto, mettendo in campo, d’intesa con le altre forze di polizia e sotto la costante guida del prefetto, ogni risorsa disponibile e tutto il nostro impegno per combattere questo terribile nemico invisibile e tenerlo lontano dalle nostre case e dai nostri affetti. Ed anche in questo caso, grazie all’encomiabile e responsabile collaborazione di tutti i cittadini, i risultati ci hanno dato ragione, tanto da essere il Vibonese una delle aree meno colpite della nostra penisola. Mi sembra, pertanto, doveroso dedicare questa cerimonia non solo alla memoria dei nostri caduti e delle vittime del dovere, ma anche a tutte le numerose famiglie, in ogni parte d’Italia, segnate dai lutti della pandemia».
Non solo repressione, ma anche prevenzione
L’attività dei Carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia si è sviluppata lungo questa direttrice nel corso dell’ultimo anno, culminato con la maxi-operazione “Rinascita-Scott” che, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ha inferto un duro colpo alla ‘ndrangheta vibonese. Un’inchiesta che ha risvegliato le coscienze della popolazione di Vibo, come dimostrato dalla manifestazione organizzata da Libera alla vigilia dello scorso Natale, che ha portato tra le strade cittadine oltre tremila persone, unite in un simbolico abbraccio alle forze dell’ordine e alla magistratura inquirente, proprio dinanzi alla sede del Comando provinciale, immagini commoventi che hanno colpito positivamente tutta l’opinione pubblica e destato l’attenzione di tutti i media nazionali.
L’Arma tra legalità e sociale
L’attenzione dell’Arma è stata rivolta non solo alla tutela della legalità e della pubblica sicurezza ma anche al sociale con una serie di iniziative, specie nel periodo di emergenza Coronavirus, a sostegno delle fasce più deboli della popolazione: la consegna dei tablet agli studenti delle scuole vibonesi, la distribuzione di pacchi spesa alle famiglie in difficoltà, il ritiro della pensione agli anziani, costretti nelle proprie abitazioni dalla minaccia del virus. I Carabinieri hanno presidiato il territorio garantendo la sicurezza in materia alimentare e di salute pubblica, al servizio della gente e con un particolare riguardo alle donne, ancora troppo spesso vittime di violenze. La prevenzione prima di tutto, ma anche repressione, quando necessario. Con una serie di operazioni, in stretta collaborazione con le Procure, ordinaria di Vibo e distrettuale di Catanzaro, che hanno portato alla scoperta e al sequestro di numerose piantagioni di marijuana, alla protezione del patrimonio archeologico e culturale dall’azione predatoria dei cosiddetti “tombaroli” ed all’individuazione e al sequestro di pericolose discariche abusive.
I casi risolti
Di particolare rilevanza, anche quest’anno, l’attività investigativa, che ha consentito di ricostruire e perseguire anche delitti precedentemente impuniti, come quello avvenuto a Filadelfia, anni fa, risolto nel luglio scorso con l’arresto e l’estradizione di un cittadino bulgaro, reo dell’omicidio di un anziano. Nello stesso mese, è stata fatta luce anche sull’efferato omicidio di Francesco Vangeli, arrestandone gli autori, oggi a giudizio. È stato ricostruito un importante giro di usura e di estorsioni ai danni di commercianti di Nicotera, che ha consentito di assicurare alla giustizia un esponente di spicco della famiglia di ‘ndrangheta Mancuso di Limbadi e i suoi fiancheggiatori.
Particolarmente significativi i risultati nell’azione di contrasto alla ‘ndrangheta: oltre ai numerosi arresti, sono stati operati ingenti sequestri di droga, di armi e munizioni, di denaro e di beni fittiziamente intestati. Scoperti persino i riti di affiliazione. È stato dato anche il volto all’autore dello spietato omicidio commesso nel 2011 a San Gregorio d’Ippona: l’uccisione di Carmelo Polito, colpito alle spalle dai killer, mentre passeggiava, stretto alla mano, con il proprio bambino. Cold-case risolti, ma anche fatti di sangue più recenti, quali l’omicidio di Salvatore Battaglia, perpetrato nel settembre a Piscopio e perseguito nel giro di pochi mesi, grazie alla minuziosa ricostruzione delle fasi dell’evento, che ha consentito di trarre in arresto il presunto autore ed i suoi favoreggiatori. Ed in poche ore si è fatta luce anche sulla morte di Francesco Palmieri, il giovane ucciso in piena emergenza Covid a Paravati e per il quale è stato sottoposto a fermo il cugino, dopo avere rinvenuto in un’abitazione l’arma del delitto, un fucile calibro 12.
I latitanti scovati e catturati
Dura ed incisiva anche l’azione di ricerca dei latitanti sul territorio vibonese, con diverse e significative catture messe a segno: Giuseppe Salvatore Mancuso, figlio di Pantaleone, alias l’ingegnere, Pietro Accorinti, fratello del noto boss “Peppone”, Gregorio Giofrè, sfuggito all’arresto lo scorso 19 dicembre, giorno del blitz “Rinascita-Scott”, la più grande operazione dopo il maxi-processo a Cosa Nostra.