Prima l’ambulanza senza medico a bordo e con l’apparecchiatura guasta, poi l’indecisione sulle cure da prestare al malato soccorso. E’ il resoconto di una notte drammatica, quello che fa Paolo Turri – 62enne funzionare delle Poste, di Sant'Anna di Seminara – che, a 3 giorni dell’intervento completamente deficitario del 118, piangerà la morte del padre Nino con un senso di rabbia che l’ha portato a scrivere al governatore Roberto Occhiuto. Il calvario del 98enne, nella sera del Primo dell’anno, diventa l’ultima amara fotografia di un sistema sanitario delle “emergenze” al collasso.

La vicenda

«Nel caso di mio padre l’ambulanza è arrivata subito – racconta Turri – ma c’erano solo l’autista e un infermiere che, essendo guasto l’elettrocardiogramma che era a bordo, non potevano fare nulla, se non, dopo essersi sentiti al telefono con la Centrale, proporci il ricovero in ospedale per impiantare un pacemaker».

Dal vicino Punto di primo intervento di Palmi, non era arrivato il medico e mentre l’anziano continuava a lamentarsi i Turri – tra cui la figlia di Paolo che è medico a Roma e si trovava a Seminara per le festività natalizie – non hanno autorizzato il trasferimento. «Mio padre – prosegue Paolo – non era in condizioni di viaggiare, tanto più senza un medico o un rianimatore che lo seguisse. Per questo, dopo aver constatato che la diagnosi e la cura venivano determinati da qualcuno in remoto, abbiamo preteso l’arrivo di una seconda ambulanza, dopo 2 ore, questa volta però con il medico a bordo e dall’ospedale di Polistena».

Un servizio di telemedicina alquanto raffazzonato, ma il “viaggio” nel girone dantesco di un’assistenza territoriale monca non era ancora finito. «Non bastava dover constatare che dalle 20 di sera alle 8 del mattino nel Ppi di Palmi non ci sono medici – argomenta Turri – abbiamo dovuto prendere atto che l’arrivo del medico ha dato ragione ai dubbi che avevamo: fu fermo anche lui nel contestare il tipo di intervento che fin lì era stato proposto, tanto è vero che mio padre non fu ricoverato e, con i farmaci da lui prescritti, rimase a casa fino a che non spirò, tre giorni dopo».

L'appello a Occhiuto

Nonno Nino, era stato vaccinato nei mesi scorsi dall’esercito – suo figlio racconta che: «Da reduce di guerra era orgoglioso di aver ricevuto a casa la visita dei medici militari» . Nino Turri è scampato al covid ma non alla malasanità calabrese, ed è per questo senso di impotenza dopo i problemi cardiaci che la sua età gli aveva creato, che il figlio ha deciso di scrivere al governatore. «Io ho votato Occhiuto e credo in lui – conclude – ma allo stesso tempo vorrei dirgli che si possono fare anche piccole cose, senza dover aspettare i grandi interventi, perché non ha senso avere ambulanze e presidi senza medici».