Parzialmente accolto l'appello dei genitori della bambina di Vibo. Il Consiglio di Stato riforma la sentenza del Tar che aveva attribuito tale dovere al Comune
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È stato parzialmente accolto l’appello dal Consiglio di Stato da parte dei genitori della minore affetta da cecità assoluta a cui la scuola (un istituto superiore di Vibo Valentia) aveva assegnato un insegnante di sostegno priva di competenze specifiche sia nella conoscenza del codice Braille che in tiflotecnica e tiflodidattica. È stata così in parte riformata la sentenza del Tar che aveva attribuito la competenza al Comune a provvedere ad adattare tutti i libri in linguaggio Braille ed assicurare tutti gli strumenti idonei all’assolvimento dell’obbligo scolastico, con un esperto insegnante di sostegno specializzato in lingua braille. Per i giudici del Consiglio di Stato, che hanno accolto sul punto il ricorso dell’avvocato Giovanna Fronte, la competenza a provvedere spetta non al Comune ma alla Provincia di Vibo Valentia ed al Miur che dovrà mantenere tale misura sino al termine del percorso scolastico secondario superiore.
La Provincia di Vibo Valentia dovrà pertanto assegnare alla minore disabile un operatore a conoscenza del codice Braille ed esperto in tiflotecnica e tiflodidattica per favorire l'apprendimento e garantire l'autonomia dell'alunna disabile per almeno 30 ore settimanali, e mantenere tale misura nei successivi anni scolastici fino al compimento del percorso scolastico superiore secondario, fornendo altresì tutti gli strumenti idonei all’assolvimento dell’obbligo scolastico. Il Consiglio di Stato ricorda infatti che l’articolo 128 della Costituzione attribuisce alle Province, in relazione all'istruzione secondaria superiori, le funzioni concernenti i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio.
E’ stato invece respinto dal Consiglio di Stato l’appello avverso la sentenza del Tar in ordine alla richiesta di danno non patrimoniale. Secondo la parte appellante (genitori della ragazza), l’inerzia dell’amministrazione (Provincia e Miur) avrebbe ritardato l’inserimento scolastico della minore ed avrebbe comportato un regresso nei risultati formativi già acquisiti negli anni precedenti, incidendo negativamente sull’integrazione della ragazza nel contesto classe. Rispetto a tale voce di danni, però, ad avviso del Consiglio di Stato manca “ogni allegazione quanto all’elemento soggettivo necessario per configurare il diritto al risarcimento del danno, oltre all’assenza di prova circa gli esposti pregiudizi e la condotta inerte dell’amministrazione”.