Dopo la tragedia alle Gole del Raganello e la presa di posizione della Protezione civile che ha puntato il dito contro la mancata osservanza dei bollettini metereologici, i primi cittadini calabresi si sentono sotto accusa e denunciano le assurdità di un sistema di prevenzione che funziona solo sulla carta
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Difficile immaginare 400 sindaci calabresi che in caso di allerta meteo “gialla” vadano in giro col megafono ad avvertire la popolazione. Eppure è proprio questo che prevede la direttiva regionale sul sistema di allertamento per il rischio meteo e idrogeologico in Calabria, entrata in vigore il 29 dicembre scorso.
L'incredibile protocollo da attuare "tutti" i giorni
Ma il megafono è il minimo. Il protocollo che dovrebbe obbligatoriamente scattare, sempre in caso di allerta gialla, quella due gradini sotto il massimo pericolo (allerta rossa), prevede da parte dei sindaci questa incredibile sequela di adempimenti: l’invio di sms ai cittadini, la pubblicazione dell’avviso sulla pagina internet del Comune, l’allarme lanciato sui social media, la presa di contatto con la sala operativa della Protezione civile e la Prefettura, l’allertamento dei volontari comunali, la verifica della reperibilità dei componenti del Centro operativo comunale (Coc) e, soprattutto, il monitoraggio costante di tutti i siti a rischio, come fiumare, torrenti, versanti franosi, depressioni.
Incubo operativo, i sindaci non ci stanno
Un incubo operativo che, dopo la tragedia alle Gole del Raganello, sul Pollino, sta togliendo il sonno ai primi cittadini calabresi, che si sentono braccati dall’opinione pubblica e dalla Protezione civile, che nei momenti immediatamente successivi alla strage di escursionisti ha puntato il dito contro la mancata osservanza dell’allerta gialla, concetti ribaditi oggi dallo stesso capo della Prociv nazionale, Angelo Borrelli, giunto a Civita insieme al presidente della Regione Mario Oliverio, per prendere contezza di quanto accaduto.
Ogni giorno ha la sua allerta gialla
Ciò che però né Borrelli, né Carlo Tansi, il suo omonimo regionale, hanno detto è che le allerte gialle sono ormai la normalità. Durante il mese di agosto ormai agli sgoccioli, ad esempio, c’è stato un solo giorno di fase previsionale meteo “verde”, cioè senza criticità. In tutti gli altri, i sindaci avrebbero dovuto attivare il protocollo previsto. Se anche ci fossero le risorse, il personale e i mezzi necessari per seguire la procedura, la conseguenza più scontata, denunciano i primi cittadini, sarebbe una sorta di “al lupo al lupo” che in breve tempo renderebbe vano qualunque allarme “serio”.
Il dispositivo non funziona
Insomma, c’è più di qualcosa che non funziona nel dispositivo di Protezione civile regionale, che sulla carta può vantare un livello di attenzione degno di un paese del nord Europa, ma nei fatti sembra essere diventato principalmente una sorta di catalizzatore per concentrare le maggiori responsabilità sui sindaci, senza che questi possano fare granché in concreto.
Primi cittadini sul piede di guerra
I primi a insorgere sono stati i sindaci della provincia cosentina, seguiti a ruota da quelli del catanzarese. Da 24 ore, sulle chat private a cui partecipano per scambiarsi opinioni e informazioni di servizio, non si parla d’altro. C’è chi minaccia di restituire la fascia tricolore, chi sollecita una mobilitazione generale, chi promette fuoco e fiamme pur di uscire dall’angolo del biasimo nel quale lo vorrebbero costringere. Quasi tutti, poi, stigmatizzano le “passerelle” sui luoghi delle tragedie di chi è pronto ad additare il presunto responsabile a favore di telecamere.
Mancano i pluviometri
I sindaci calabresi si sentono chiamati in causa e reagiscono rivelando i paradossi di una normativa impossibile da rispettare e denunciando le lacune della Protezione civile regionale. E tra queste, c’è la mancanza di pluviometri. In tutta la Calabria, infatti, ci sarebbero appena 150 rivelatori del livello di pioggia, a fronte di 400 Comuni. Lo strumento più utile per determinare la vera intensità e pericolosità delle precipitazioni piovose, mancherebbe in più della metà dei territori comunali. «Facile immaginare le conseguenze - spiega un amministratore -. Se, ad esempio, il Comune a monte del mio territorio potesse avvertirmi nel caso in cui il livello del suo pluviometro oltrepassa i limiti di guardia, io, più a valle, potrei intervenire tempestivamente per avvertire la popolazione dell’arrivo imminente di un’ondata di piena, senza generare falsi allarmi».
L'ex funzionario della Protezione civile con i sindaci
A dare indirettamente manforte ai sindaci è il geologo Paolo Cappadonna, ex funzionario della Protezione civile calabrese, che recentemente si è dimesso sbattendo la porta in polemica con Tansi.
«La nuova direttiva è largamente inattuata - scrive sulla sua pagina Facebook - motivo per cui nel mese di aprile mi sono dimesso dall'incarico di coordinatore emergenze. Il monitoraggio degli eventi in corso è una fase molto importante, che si attua attraverso la registrazione in tempo reale dei dati di pioggia nelle circa 150 stazioni pluviometriche sparse sul territorio regionale. Sulla base dei dati di pioggia realmente registrati, e al superamento di determinate soglie prestabilite, scatta l'obbligo a tutti i livelli istituzionali di adeguare il proprio impegno operativo, intensificare il flusso di informazioni, avviare opportuni monitoraggi nei punti critici. Allora prima di mettere in croce il sindaco di Civita che aveva effettivamente ricevuto il bollettino di allerta meteo “gialla” per quel maledetto giorno (uguale a tanti giorni di questo piovoso mese di agosto nei quali non era successo niente) sarebbe opportuno chiedersi: quel giorno il sistema funzionava? I protocolli operativi previsti dalle procedure della Protezione Civile Regionale, delle prefetture dei comuni e di tutti gli enti interessati erano rispettati? Si sono rilevati superamenti soglie nell'area? Era presente fisicamente nella sala operativa regionale di protezione Civile il Coordinatore Emergenze (funzionario tecnico con competenze specialistiche) come previsto dalle procedure? E se non si sono rilevati superamenti soglie siamo sicuri dell'adeguatezza e del perfetto funzionamento della rete pluviometrica?».
Domande, quelle di Cappadonna, che gettano una nuova luce sui livelli di responsabilità per quanto accaduto alle Gole del Raganello.
Enrico De Girolamo