Nelle motivazioni della sentenza che lo vede condannato a 13 anni di reclusione durissimo il giudizio sull'ex politico: «Trasponder tra la classe politica e la criminalità organizzata dei tre mandamenti, ai quali offriva costantemente disponibilità»
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Da modesto consigliere di circoscrizione a pezzo da 90 della politica reggina e regionale. Quello di Alberto Sarra – condannato in primo grado a 13 anni di reclusione – è un percorso lungo quasi un ventennio che può essere diviso in due fasi: una, che i giudici fanno partire dal 1992, trascorsa da “battitore libero” in aperto contrasto con l’altro “enfant prodige” della politica reggina, Giuseppe Scopelliti. L’altra, sotto le direttive di Paolo Romeo e Giuseppe Valentino, passata a braccetto con l’ex governatore, di cui diventa, dalle elezioni comunali del 2002 in avanti, grande elettore e prezioso alleato.
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Entrambe queste fasi, scrivono i giudici nelle motivazioni del processo “Gotha”, sono caratterizzate dal continuo ricorso, da parte di Sarra, ai bacini elettorali garantiti dalle cosche della provincia: un comportamento che di fatto aveva reso lo stesso Sarra «espressione soggettiva della ‘ndrangheta, collaudato collettore di voti per sé e per gli altri candidati, trasponder tra la classe politica e la criminalità organizzata dei tre mandamenti, ai quali offriva costantemente disponibilità a raccordare gli interessi privati della criminalità con l’azione degli enti pubblici».
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Quella di Alberto Sarra è una carriera politica fatta di continue vittorie e qualche passo falso prontamente recuperato. Vittorie, stabiliscono i giudici, maturate grazie all’appoggio continuo dei clan a cui lo stesso Sarra avrebbe aperto le porte della pubblica amministrazione dall’alto delle posizioni di governo e di potere ricoperte nel tempo.
Si parte nel 1992: quell’anno il giovane politico viene eletto presidente della seconda circoscrizione della città dello Stretto. Passano due anni, e nel 1994, arriva lo scranno alla Provincia bissato poi nel ’98. Nel mezzo, siamo nel 1997, una nuova campagna elettorale e una nuova elezione a palazzo San Giorgio. Poi nel 2000 arriva la prima sconfitta: roba di poco comunque, Sarra infatti risulterà il primo dei non eletti in Consiglio regionale, posizione che lo stesso politico, sotto la direzione di Romeo, sfrutterà nel risiko delle nomine future garantite da nuove elezioni, in un vortice di incarichi che non conosce limiti. Fin qui, l’ex sottosegratario regionale, ha sempre ottenuti numeri importanti a livello di preferenze. Numeri da capogiro che, scrivono i giudici, sono drogati dai voti di ‘ndrangheta: «Nel ’92 e nel ’98 si ritiene che la candidatura di Sarra abbia beneficiato dei voti garantitigli da Audino Mario Salvatore, capo della locale di San Giovannello… nel 2000 invece, ha fruito per sé dell’appoggio degli esponenti della cosca Pesce e della cosca Condello» mente nel 2001 «ha chiesto e ottenuto» l’appoggio da Chirico Francesco e Fiume Antonio «entrambi esponenti della cosca dei De Stefano».
Nel 2002 gli investigatori indicano la virata politica di Sarra che, da quel momento, metterà il suo sconfinato bacino di voti a servizio di Romeo e Valentino e al fianco di Scopelliti che, scrive la presidente Capone, a sua volta «diveniva allo stesso tempo ostaggio e però beneficiario del sistema, quello stesso sistema che assicurerà alla ‘ndrangheta di vertice di infiltrarsi soprattutto nelle società partecipate del Comune di Reggio».
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Nella primavera del 2002 le elezioni sono doppie e sul piatto ci sono i rinnovi dei consigli alla Provincia e al Comune che vedono vittoriosi sia Sarra che Scopelliti. Poi nel 2005 una nuova elezione e un nuovo posto a palazzo Campanella, e ancora il 2010 quando, a seguito di Peppe Scopelliti diventato Governatore, viene nominato, senza avere partecipato personalmente alle consultazioni, sottosegretario regionale alla riforme e alla semplificazione amministrativa. Fino al 2013 quando Sarra proverà, senza riuscirci, a scalare anche Montecitorio.
In questa seconda fase “politica” dell’ex esponente di An (ormai sotto il controllo di Romeo), parte dei voti raccattati da Sarra per sé e per gli altri candidati (Scopelliti compreso), scrivono i giudici, deriverebbero dai «Lo Giudice, intesi “i marmisti” di Condera e gli Alvaro, intesi “i merli” di Sinopoli» e ancora dai De Stefano e dai Caridi «come articolazione della cosca Libri», dai Vadalà di Bova Marina e dai Lampada. E ancora i Barbaro e i Nasone: nel “portfolio” elettorale di Sarra c’erano tutte (o quasi) le famiglie di ‘ndrangheta della provincia. Un metodo «praticato nel territorio di Reggio Calabria, certamente per oltre un decennio» in cui «ad ogni tornata elettorale si è attuata un’operazione di autentico inquinamento del sistema democratico, condizionando il risultato elettorale attraverso la colletta dei voti delle consorterie criminali mediante la promessa ai soggetti che le rappresentavano, di prebende e favori».