Primo appuntamento di Dialoghi con la magistratura oggi in riva allo Stretto. A partecipare il reggente della Dda di Reggio Calabria e il conduttore di Report Sigfrido Ranucci. Che spiega: «Anche contro il giornalismo c'è una forte pressione della politica». Sulla separazione delle carriere l'analisi dei numeri di Asciutto (Anm): «Nell’ultimo anno hanno cambiato 15 colleghi su 10mila»
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La politica ragiona sulla separazione delle carriere, trova modi creativi per abolire reati e cambia le regole in corso. Sembrano armi di distrazione di massa quando Giuseppe Lombardo, procuratore facente funzioni della Dda di Reggio Calabria, in chiusura dell’incontro "Dialoghi con la magistratura" organizzato dall’Anm sul sistema giustizia, racconta che domani sarà all’estero «per essere audito da un Parlamento europeo che vuole sapere da me oggi la ’ndrangheta che cos’è, che problemi hanno nel loro territorio».
Normale amministrazione per un Paese che voglia affrontare i temi reali. Lombardo a questo punto affonda il colpo: «Tutto questo in Italia non è mai accaduto, il Parlamento italiano non ci ha invitato mai, al Parlamento italiano non interessa sapere oggi la ’ndrangheta che cos’è e come si può contrastare efficacemente».
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Non che le audizioni siano mancate, «ma quando siamo stati sentiti nelle varie Commissioni e abbiamo evidenziato che è un errore immaginare che la ’ndrangheta sia un fenomeno criminale come tanti altri abbiamo assistito a una totale mancanza di risposte». È per questo che, tornando ai temi di un dibattito politico che appare lunare, il magistrato reggino esorta: «Confrontiamoci, ma facciamolo ragionando su dati concreti», non su questioni che rischiano di sviare il discorso dai veri problemi della giustizia. «Ragioniamo – chiede Lombardo – sulle distorsioni reali che questo tipo di assetto ha generato, non possiamo ragionare per astrazioni». Assieme a Lombardo c'è il giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore di Report. Modera Caterina Asciutto, presidente della Ges dell’Anm di Reggio Calabria.
Lombardo: «Ecco perché trasformare il pm in un superpoliziotto è pericoloso»
Molto poco apprezzato dalle maggioranze politiche, preso come esempio in tutto il mondo: «Il modello del pm italiano è il modello a cui tutti tendono». Quella del procuratore facente funzioni della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo non è una semplice difesa della categoria. Il suo giudizio è quello di un pubblico ministero con 27 anni di carriera che si è confrontato con le polizie e i sistemi giudiziari di mezzo mondo. Lombardo è convinto che il sistema funziona proprio perché «il pm deve essere, e ritengo debba rimanere, il primo giudice. Per il cittadino è importante avere rapidamente confronto e contatto con il suo giudice. Porre il pm in posizione distante dal giudice è un messaggio sbagliato. Se il pm ha una carriera separata si genera una distorsione pericolosa».
«L’obiettivo vero – spiega il magistrato nel convegno organizzato dall’Anm – non è separare il pm dal giudice e creare due Csm. Il problema è che con la riforma verrà meno il confronto che indagato e imputato hanno con il pm, un confronto che dà l’immediata rappresentazione di aver davanti il primo baluardo della giurisdizione. È una deriva pericolosissima. Non può esistere un sistema in cui il pm non è più parte della giurisdizione e diventa un superpoliziotto che perde le sue caratteristiche di base».
Ranucci (Report): «Contro giornalismo e magistratura pressione della politica»
«Il giornalismo è sguardo sul potere, non vetrina del potere». E oggi vive una pressione politica «simile a quella subita dalla magistratura». Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, non nasconde che il contesto è delicato. E nel convegno organizzato dall’Anm a Reggio Calabria racconta anche di «5 giornalisti uccisi negli ultimi anni in Europa» e di un Paese, l’Italia «che ha il record mondiale di politici che denunciano i giornalisti». A Report ne sanno qualcosa, perché «un intero partito ha denunciato un nostro inviato che ha raccontato l’infiltrazione mafiosa nei partiti».
Ranucci: «Con l’improcedibilità gli imputati non giudicati saranno anonimi»
Sigfrido Ranucci si è soffermato anche sul divieto di pubblicare i contenuti delle ordinanze di custodia cautelare che entrerà in vigore nei prossimi mesi: «Come si lavora sulla presunzione di innocenza, sottraendo informazioni o offrendo più informazioni?», si chiede. E ipotizza che «il segreto in cui saranno confinati gli atti può diventare uno strumento di ricatto nei confronti di persone coinvolte nelle indagini». C’è anche di peggio: dal primo gennaio 2025, con l’entrata in vigore della riforma Cartabia gli imputati potranno usufruire dell’improcedibilità se il procedimento durerà più di due anni in Appello e uno in Cassazione. «In quel caso – dice Ranucci – l’imputato esce dal processo e la legge gli consente di rendersi anonimo, invisibile davanti alla collettività. Se saranno giudicati noi non potremo raccontare i fatti e voi non li conoscerete. Sarà come svegliarsi in un luogo migliore senza aver fatto nulla per meritarcelo».
Lombardo: «In Italia pericolosa instabilità normativa»
«Sento parlare di separazione delle carriere da 27 anni. Da decenni si evidenzia che qualsiasi problema del Paese è generato da una magistratura che non funziona». Il procuratore facente funzioni della Dda di Reggio Calabria mette in evidenza un’aggressione alla magistratura che va avanti da decenni. E che, con gli interventi della politica per cambiare le norme, genera un’anomalia: «Viviamo di fronte a una instabilità normativa pericolosa. Ci siamo trovate di fronte molte volte a persone giudicate per lo stesso fatto secondo regole mutate. Come spieghiamo questa instabilità che diventa una potenziale violazione dei principi fondamentali della Costituzione?».
Lombardo: «La separazione delle carriere non è la soluzione ai problemi della giustizia»
«Stiamo facendo passare l’idea che il sistema giustizia non funziona perché pubblici ministeri e giudici fanno lo stesso concorso, hanno lo stesso Csm e possono cambiare carriera secondo condizioni ormai molto stringenti. Però è difficile dimostrare che i pericoli siano contenuti in quel passaggio di carriera: non credo che sia così, non è mai stato così». Il procuratore facente funzioni della Dda di Reggio Calabria va dritto al centro della questione: la separazione delle carriere ipotizzata da decenni e oggi riproposta dal governo non risolverà i problemi della giustizia. Perché i problemi sono altri. «È difficile trovare tracce di passaggi numerosi da una funzione all’altra – spiega Lombardo –. I numeri statistici sono del tutto irrilevanti». Purtroppo la discussione in corso «ha obiettivo di ridisegnare l’assetto della giurisdizione individuando soluzioni che non risolveranno i problemi: i processi non saranno più celeri».
Asciutto (Anm Reggio Calabria): «Nell’ultimo anno hanno cambiato carriera 15 magistrati su 10mila»
Caterina Asciutto, presidente della Ges dell’Anm di Reggio Calabria, offre un numero significativo per sgomberare il campo da distorsioni: «Nell’ultimo anno 15 magistrati su 10mila hanno fatto il passaggio di carriera, e sono più i pm che passano alla parte giudicante e non il contrario. Un dato minimale, esiguo. Non è questo il vero problema e non cambierà in alcun modo l’obiettivo primario: accelerare i tempi della giustizia. La magistratura ha responsabilità ma non sono queste le soluzioni al problema».
L'incontro è stato trasmesso in diretta sulla nostra testata LaC News24 e sui social del gruppo.
Gli altri appuntamenti
Sabato 30 novembre alle 17 il cortile della Libreria Ubik vedrà alternarsi le voci della giornalista e scrittrice Donatella Stasio e di Roberto Lucisano, già presidente della Corte di Assise d’appello di Reggio Calabria, moderati dal giudice Antonio Salvati. Tema dell’incontro “Separazione dei poteri: autogoverno e potere disciplinare nella magistratura”, a partire dal libro “Storie di diritti e democrazia” di Donatella Stasio e Giuliano Amato.
Conclude il ciclo di incontri “Un caffè con la magistratura”, sabato 14 dicembre alle 16 al Malavenda Cafè, in via Zecca. Un question time con Silvia Capone, Walter Ignazio – rispettivamente presidente della sezione dibattimento e procuratore aggiunto della Repubblica del Tribunale di Reggio Calabria – e Caterina Catalano, consigliere presso la Corte di appello di Reggio Calabria. Modera Giuseppina Laura Candito, segretario della Ges dell’Anm di Reggio Calabria.