La protesta degli agricoltori a Corigliano e Rossano continua a tenere in scacco la viabilità lungo la statale 106. Una colonna di trattori attraversa la tratta, mentre le forze dell'ordine cercano di mantenere la calma. La tensione cresce a causa degli elevati costi di produzione e delle richieste di riforme nel sistema agricolo, mettendo in luce le sfide affrontate dagli agricoltori nella nostra regione e non solo. Al centro della lotta, l’abbattimento delle premialità dell’Unione europea, il caro gasolio, l’incremento dei costi delle materie prime, la concorrenza sleale, l’elevato costo di produzione e l’abbattimento del costo di vendite dei prodotti e, infine, il monopolio della grande distribuzione.

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Dura la presa di posizione di Rosa Silvana Abate, coordinatrice nazionale dell'Associazione Produttori Ortofrutticoli, che pone sotto la lente le richieste degli agricoltori, chiarendo che molte di esse ricadono sotto la competenza del governo nazionale. Il primo punto è relativo al costo di produzione. Abate sottolinea che questo deve essere tutelato con una legge nazionale, richiamando un disegno di legge presentato nel 2019 che non ha completato l'iter. La coordinatrice afferma che è giunto il momento di proteggere il costo di produzione attraverso un decreto legge. La definizione di tale costo comprende non solo i costi base stabiliti dall'Istituto Ismea, ma anche una percentuale destinata al reddito dell'agricoltore per garantire il sostentamento e la sostenibilità dell'azienda. Un'altra richiesta riguarda l'implementazione di un piano assicurativo, assente fino ad oggi.

La coordinatrice evidenzia la necessità di un riconoscimento del diritto dell'agricoltore, che rappresenta l'anello più debole della filiera. In molti casi, l'agricoltura sta collassando poiché non si riconosce questo diritto, permettendo speculazioni lungo tutta la filiera. Abate insiste sul fatto che il costo di produzione dovrebbe essere determinato in base all'andamento delle materie prime e del costo della vita, con uno schema simile a quello adottato in Francia. L'obiettivo è evitare che la transizione ecologica cada esclusivamente sulle spalle degli agricoltori, criticando la mancanza di una salvaguardia per il settore durante questa fase di cambiamento. Nel contesto europeo, si contesta la transizione ecologica senza adeguate protezioni per l'agricoltura. Abate chiama in causa il governo Meloni e la Regione Calabria al fine di rivedere gli accordi bilaterali che, secondo gli agricoltori, favoriscono l'ingresso di prodotti agricoli da Paesi terzi senza rispettare gli standard europei. La coordinatrice conclude sottolineando che il governo deve ascoltare gli agricoltori e adottare legislazioni che risolvano le criticità del settore. La presentazione di un disegno di legge per la tutela del costo di produzione è già sul tavolo, insieme a richieste di finanziamenti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per affrontare le variazioni climatiche attraverso infrastrutture e sistemi adeguati. La mancata anticipazione della Pac al 70% ad aprile è stata oggetto di critica, sconvolgendo una prassi consolidata che ora si attende venga ripristinata.

Lotta alla concorrenza sleale 

Sul posto anche Luciano Manfrinato, ex assessore provinciale all'Agricoltura che ha rimarcato la grande sconfitta delle associazioni di categoria e delle istituzioni locali, nazionali ed europee, evidenziando una mancanza di consapevolezza riguardo al ruolo cruciale dell'agricoltura nel settore primario, specialmente nella realtà della Sibaritide.  Manfrinato esprime la sua contrarietà alla posizione di coloro che minimizzano queste sfide della globalizzazione, sottolineando che gli agricoltori non devono solo essere in disaccordo, ma devono affrontare la realtà e diventare competitivi rispetto ad altre nazioni come la Spagna e la Grecia.

L'ex assessore propone una soluzione concreta: la formazione di una massa critica attraverso l'associazione di categorie agricole. Ritiene che queste associazioni svolgano un ruolo importante e che, unendo le forze, gli agricoltori possano stabilire prezzi competitivi con le grandi catene di distribuzione.

Forte la denuncia che giunge da un produttore agricolo che esprime la sua frustrazione nei confronti di un sistema commerciale che sembra non valorizzare adeguatamente i prodotti agricoli. La domanda retorica sulla vendita e il pagamento evidenzia una preoccupazione per l'abitudine di concentrarsi solo sui costi di produzione, trascurando la questione di quanto effettivamente si guadagna dalla vendita dei prodotti. Il produttore afferma che l'Europa ha poco a che fare con i veri problemi del settore agricolo, attribuendo la responsabilità delle difficoltà a un sistema commerciale che non valorizza i prodotti in modo equo. Questa mancanza di valore deriva da un sistema che permette ai produttori di essere solo un mezzo per sostenere un apparato di contributi che sembrano più parassitari che sostenutivi. La richiesta di tagliare i contributi è motivata dal desiderio di dare un giusto valore alle merci prodotte, con l'idea che una distribuzione equa di questa ricchezza potrebbe beneficiare direttamente i produttori, invece di alimentare un sistema che sembra approfittarsi del loro lavoro. Il produttore critica la mancanza di senso dello Stato nel contesto agricolo, affermando che le istituzioni dovrebbero rappresentare e sostenere i produttori invece di agire come un sistema parassitario che crea ostacoli burocratici. La sua partecipazione alla protesta riflette la necessità di una riforma profonda nel modo in cui il sistema tratta e remunera i produttori agricoli, evidenziando la mancanza di sostegno e rappresentanza da parte delle istituzioni che dovrebbero agire in loro favore.